utilitarismo

In senso lato, si designa con utilitarismo ogni teoria che ponga la ricerca dell’utilità come principio dell’agire umano. Secondo questo significato, possono essere considerate utilitaristiche numerose posizioni filosofiche che si sono presentate nel corso della storia, da quella del sofista greco Protagora, a quelle moderne di Telesio e di Hobbes. In senso più specifico, però, si chiamò utilitaristica la corrente filosofica inglese fondata alla fine del XVIII secolo da Jeremy Bentham. Convinto assertore della possibilità di ridurre la morale a scienza esatta, Bentham sostenne che il movente dell’agire umano è la ricerca della felicità, per cui l’etica consiste in un’“algebra dei piaceri”, cioè nella valutazione delle azioni in base all’intensità, durata, certezza e prossimità dei piaceri che consentono di raggiungere. L’utilità altro non è che un piacere differito, ossia la rinuncia a una soddisfazione immediata in vista di un piacere futuro maggiore. Bentham applicò alla vita sociale il principio dell’utilità, affermando che scopo della legislazione e del governo è garantire la massima felicità per il maggior numero possibile di individui. Le leggi non devono pertanto essere considerate immutabili, ma devono adattarsi continuamente alla mutevole situazione sociale. L’utilitarismo benthamiano non era in effetti del tutto originale, poiché riprese temi già presenti nelle opere di Spinoza, Beccaria, Helvétius, Hutcheson e Adam Smith. L’organo della corrente utilitaristica fu la “Westminster Review”, alla quale collaborarono i seguaci delle idee benthamiane, tra i quali James Mill e il figlio John Stuart Mill. Il primo applicò il principio dell’utilità alla psicologia associazionistica, asserendo che perfino il sentimento di benevolenza per il prossimo e l’altruismo hanno la loro origine nel calcolo dell’utilità. Non esiste sentimento “disinteressato” che non sia una derivazione dell’egoismo. Dalla teoria di Bentham si allontanò in parte John Stuart Mill, secondo il quale nella valutazione dei piaceri non c’è solo la dimensione quantitativa, ma anche quella qualitativa. La ricerca del piacere differisce tra i diversi individui in relazione al grado di raffinatezza del loro sentire. È molto importante, pertanto, l’educazione, che con la sua influenza sul temperamento della persona orienta la ricerca della felicità in senso qualitativo. L’utilitarismo ebbe una certa risonanza nella cultura inglese del XIX secolo. Economisti come Malthus e Ricardo, psicologi come Alexander Bain, filosofi come Spencer furono influenzati dalle idee di Bentham e della “Westminster Review”. In sede politica l’utilitarismo contribuì a diffondere il clima riformistico che trovò espressione nelle prime iniziative di legislazione sociale in Inghilterra. Nonostante non fossero di per sé particolarmente originali, le idee degli utilitaristi ebbero il merito di stemperare l’individualismo proprio della tradizione liberale e borghese in una sorta di filosofia sociale, aperta alla considerazione della felicità di tutto il popolo.