Tucidide

(Atene 460 circa, † 396 circa a.C.). Storico ateniese. Forse imparentato con la famiglia di Milziade e Cimone, aveva legami con la Tracia dove era proprietario di miniere d’oro. Tra il 430 e il 427 contrasse la peste, riuscendo però a guarirne. Seguace di Pericle, prese parte ad alcune vicende legate alla guerra del Peloponneso. Nel 424 fu eletto stratego e intervenne in difesa della città di Anfipoli, attaccata da Brasida, senza riuscire però a impedirne la caduta in mano agli spartani; salvò invece il porto di Eione. Nello stesso anno venne esiliato e rimase lontano da Atene per un ventennio (424-404), periodo in cui seguì le vicende belliche narrate negli 8 libri della sua Storia. Dopo il ritorno ad Atene non riuscì a portare a compimento la sua opera, che rappresenta una fonte essenziale per lo studio della guerra del Peloponneso. La narrazione, infatti, inizia dal 431 e si interrompe alle vicende del 411. Fortemente critico nei confronti di Erodoto, rifiutò di quest’ultimo la considerazione dell’opera storiografica come “indagine”. Criticò i logografi (comprendendo in questa categoria lo stesso Erodoto) in quanto scrittori di logói, di racconti che confinano con il mito. Per Tucidide la storia è “ricerca della verità”, svolta grazie all’osservazione diretta, unico strumento per l’accertamento dei fatti. Se ne desume quindi che l’unica storia scientificamente corretta è la storia del presente, mentre la narrazione delle vicende del passato appartiene all’“archeologia”. Scopo della narrazione storica non è tanto, come in Erodoto, di sottrarre all’oblio le grandi gesta del passato ma di porsi come “possesso per sempre”, come esperienza che permetterà di comprendere situazioni analoghe che in futuro certamente si ripeteranno, dal momento che la natura umana è sempre sostanzialmente la medesima. Altri tratti tipici della storiografia tucididea sono l’analisi causale dei fenomeni e il forte influsso della sofistica (evidente nella considerazione dei problemi sotto molteplici prospettive). La Storia, contraddistinta da una rigida suddivisione cronologica in estati e inverni, si caratterizza per il costante inserimento di “discorsi” tenuti da politici e ambasciatori, nei momenti più importanti del conflitto (di particolare efficacia sono i discorsi doppi, di esponenti di fazioni opposte). Rappresenta uno dei capolavori della storiografia classica.