tirannide

Nell’antica Grecia indicava la forma di governo in cui il potere era detenuto da chi se ne era impadronito con un atto di forza, generalmente grazie all’appoggio popolare. Nel VII-VI secolo a.C. l’istituto conobbe una grande diffusione a partire dalla Ionia, dove il caso più significativo fu quello di Mileto. Anche nelle città delle isole egee, in particolare a Mitilene e Samo, la tirannide si sostituì spesso al potere dei nobili, incarnando le aspirazioni della componente più dinamica della popolazione, costituita dagli artigiani e dai mercanti. Nella penisola greca i casi più significativi furono quelli di Atene (Pisistratidi) e delle città della regione dell’Istmo: Corinto (Cipselidi), Megara (Teagene) e Sicione (Ortagoridi). Il Peloponneso e le aree più arretrate rimasero sostanzialmente estranee al fenomeno e mantennero più a lungo gli ordinamenti aristocratici. Nella Magna Grecia e in Sicilia, infine, la tirannide si sviluppò notevolmente – ma in ritardo rispetto alla Grecia propriamente detta – nel V secolo, affermandosi in modo più duraturo a Reggio (Anassilao), a Gela (Gelone, Ierone), ad Agrigento (Terillo) e soprattutto a Siracusa (Gelone, e poi Dionisio I, Dionisio II, Agatocle). Peculiarità della tirannide greca occidentale, rispetto ad analoghi fenomeni nella Ionia e nella madrepatria, fu quella di poggiarsi fondamentalmente sulla forza dell’esercito. In condizioni politiche mutate, nella prima metà del IV secolo, il fenomeno della tirannide conobbe una ripresa in Tessaglia (soprattutto a Fere), ma anche a Corinto, a Sicione, nell’isola di Lesbo. Generalmente condannata dagli autori antichi – dai lirici come dai tragici, da Tucidide e da Senofonte, da Platone e da Aristotele – la tirannide, salvo casi sporadici in cui l’efferatezza divenne una costante del modo di governare, fu in realtà espressione di una fase di crescita politica, economica e culturale della polis. Non a caso la tipologia negativa del tiranno venne espressa da autori legati alle vecchie aristocrazie, che vedevano nell’ascesa del demos e di coloro che vi erano più o meno strumentalmente legati una minaccia per i propri privilegi, ma anche per la stessa moralità. A differenza dell’esimnète, il tiranno si impadroniva del potere con un atto di forza e generalmente era poi portato a favorire la parte che lo aveva sostenuto nell’impresa. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, questo non pregiudicò il formale rispetto della costituzione precedente, come risulta evidente soprattutto considerando l’opera dei Pisistratidi ad Atene. È anche significativo che la tirannide, almeno nel VI secolo a.C., abbia generalmente rappresentato una tappa importante rispetto alla successiva affermazione della democrazia.