Thailandia

Stato attuale dell’Asia sudorientale. Fino al 1939 la regione occupata dall’odierna Thailandia fu chiamata Siam. A partire dal X secolo d.C., le popolazioni thai, o siamesi, insediate nella Cina sudoccidentale, dove intorno al secolo VIII avevano costituito il regno di Nanchao nella regione dell’attuale Yunnan, cominciarono a spostarsi gradualmente verso sud. All’inizio del XIII secolo, nel contesto dell’effervescenza politica e militare dei popoli thai nelle aree montuose ai margini meridionali della Cina, venne fondato il principato di Mogaung, nell’attuale Birmania settentrionale, e conquistato l’Assam, in India. Poco più tardi si crearono insediamenti in Laos e nell’alto corso del fiume Chao Phraya. In quella che divenne poi la Thailandia si affermarono due stati, a Chiangmai, nel nord, dove venne costituito il regno di Lanna, e a Sukhothai, in prossimità delle regioni influenzate da imperi in declino, a est quello cambogiano di Angkor, a ovest quello birmano di Pagan. Sukhothai assimilò dai vicini il buddhismo theravada e i princìpi di un’organizzazione statale sofisticata e complessa. Alla metà del XIV secolo si ebbe l’ascesa di un regno, fondato dal principe Ramadhipati nel basso corso del Chao Phraya, con capitale Ayudhya, che cercò di espandersi verso la Cambogia e gli stati thai settentrionali. Ramadhipati promulgò il primo corpo di leggi della Thailandia antica. La società thai tradizionale aveva una struttura feudale non dissimile da quella di altre civiltà dell’Asia sudorientale, fondata sul rapporto di dipendenza tra signori e servi, in cui tutti dovevano essere legati a un “patrono” che assicurava protezione e cibo in cambio di lavoro e di fedeltà. Questi rapporti sociali non erano condizionati tanto dal possesso della terra, poiché non esisteva una vera proprietà terriera e vi era abbondante suolo coltivabile disponibile, quanto dalla capacità di controllare il lavoro degli uomini, che erano scarsi. Ayudhya venne minacciata e infine saccheggiata nel 1569, e poi ancora nel 1767, dai birmani con i quali vi fu una contesa secolare per le regioni settentrionali di confine. La capitale, con la sconfitta del 1767 che mise fine al regno di Ayudhya, venne trasferita a Bangkok dove, nel 1782, si insediò la nuova dinastia Chakkri. Nel XIX secolo il Siam si espanse verso la penisola malese, il Laos e la Cambogia, ma l’ascesa della Francia in Indocina limitò le ambizioni thai. Bangkok resistette alla colonizzazione europea neutralizzando le opposte spinte di Francia e Gran Bretagna (attestate rispettivamente in Indocina e in Birmania) ma si aprì al mercato mondiale firmando nel 1855 un trattato commerciale con la Gran Bretagna. Al tempo del sovrano Chulalongkorn (1886-1910), il Siam avviò un processo di modernizzazione e di apertura all’influenza occidentale. Nel 1932 un colpo di stato organizzato da un gruppo di intellettuali progressisti e di militari portò alla nascita di una monarchia costituzionale che risultò fortemente condizionata dall’esercito. I militari si dimostrarono tuttavia forza determinante dello sviluppo economico, anche se corrotti e autoritari. Nel 1938 diventò primo ministro Phibun Songkram che mutò il nome del Siam in Thailandia e nel 1940-41 inaugurò una politica filonipponica e con venature autoritarie che all’epoca vennero ritenute di natura fascista. Phibun Songkram dichiarò guerra all’Indocina francese e rivendicò vaste porzioni del Laos e della Cambogia. Esautorato nel 1944, tornò al potere nel 1947 con un colpo di stato, e nel 1954 si schierò a fianco degli Stati Uniti nella questione vietnamita sostenendo l’adesione thailandese alla SEATO, il patto militare anticomunista dell’Asia sudorientale. Il suo regime, corrotto e autoritario, venne osteggiato dagli stessi ambienti militari e nel 1957 Phibun fu costretto a riparare a Tokyo. A Bangkok sopravvisse comunque fino all’inizio degli anni Settanta un sistema sostanzialmente antidemocratico. Nel 1973 una rivolta studentesca permise il ritorno a un governo civile e al sistema parlamentare, ma già nel 1976 si ebbe il ritorno al potere di esponenti delle forze armate. Nel 1980-88 il governo di Prem Tinsulanond assicurò una relativa stabilità e costituì le basi di un rapido sviluppo permettendo il ritorno a un sistema di tipo parlamentare guidato da Chatichai Choonavan che venne però abbattuto da un colpo di stato militare nel 1991. Le proteste popolari del 1992 permisero il ritorno in Thailandia di un regime democratico solo apparentemente libero dai condizionamenti dell’élite militare. Dopo le elezioni parlamentari del marzo 1992, assunse le redini del governo il generale Suchinda Kraprayoon, non eletto in Parlamento, contro il quale sorsero movimenti di massa che furono repressi con estrema violenza causando centinaia di morti. Suchinda fu costretto a dimettersi. In seguito alle elezioni del settembre 1992 fu formato un governo guidato da Chuan Leekpai, che, rimasto in carica fino al 1995, mise in atto una politica economica di indirizzo liberista che favorì il rapido sviluppo del paese. Nel 1997 Chuan Leepkai, dopo due altri governi durante i quali la Thailandia entrò in una fase recessiva, tornò al potere e, grazie ad aiuti economici internazionali, poté avviare una graduale ripresa. Alle elezioni politiche del gennaio 2001, il magnate delle telecomunicazioni Thaksin Shinawatra, pur indagato per evasione fiscale, ottenne col suo nuovo partito Thai Rak Thai (“I thailandesi amano i thailandesi”) la maggioranza e diventò capo del governo. Nelle successive elezioni del 2005 il Thai Rak Thai ottenne la maggioranza assoluta, offrendo la possibilità a Shinawatra di riplasmare gli equilibri politici interni della Thailandia. Nonostante il forte consenso goduto soprattutto nelle campagne, la spregiudicatezza politica e il populismo di Thaksin Shinawatra suscitarono ben presto l’opposizione dei ceti medi urbani e dell’esercito, che, nel 2006, con la tacita approvazione del re Bhumibol, guidò un colpo di Stato. Il governo fu quindi affidato ad interim al generale Surayud Chulanont, cui spettò il compito di far approvare una nuova costituzione. Le successive elezioni democratiche del dicembre 2007 furono vinte con larga maggioranza dal Partito del potere popolare (PPP), che raccolse l’eredità del Thai Rak Thai. Primo ministro divenne Samak Sundaravej. Nel 2008, accusato di essere troppo vicino a Shinawatra, quest’ultimo fu tuttavia rimosso per ordine della Corte Costituzionale e sostituito dal suo compagno di partito Somchai Wongsawat. In opposizione alla nomina di Wongsawat, l’Alleanza popolare per la democrazia (PAD) organizzò allora un vasto movimento di protesta, le cosiddette “camicie gialle”, che assunse presto forma violenta. In risposta ai disordini, l’esercito sciolse il parlamento e Abhisit Vejjajiva, leader dell’opposizione, fu chiamato a formare un nuovo governo. Nel 2009 i sostenitori di Thaksin, le cosiddette “camicie rosse”, dopo aver formato un nuovo movimento, il Fronte unito per la democrazia e contro la dittatura (UDD), organizzarono ampie manifestazioni di protesta contro Abhisit Vejjajiva, che, nel maggio dell’anno successivo, furono duramente represse dalle forze di polizia. Nelle successive elezioni generali del luglio 2011, il Partito per i Thai (Phak Puea Thai), guidato dalla sorella minore di Thasksin, Yingluck Shinawatra, ottenne tuttavia una larga maggioranza. A distanza di un mese Yingluck Shinawatra divenne quindi la prima donna tailandese a rivestire l’incarico di primo ministro.