terrorismo

Si parla di terrorismo per indicare atti di violenza – rapimenti, attentati, sabotaggi, stragi, veri e propri stermini – o un organico sistema di repressione aventi per lo più, ma non necessariamente, fini politici. Esso viene messo in atto da individui, gruppi, governi contro singole persone o collettività allo scopo di piegarle, generando una condizione di panico, alla propria volontà e/o di punire in maniera esemplare. Quando il soggetto che lo esercita è in primo luogo un governo che si serve degli apparati dello stato, si parla di “regime” o di “stato terroristico”, di “terrorismo di stato”. Sebbene pratiche terroristiche abbiano avuto luogo nel corso dell’intera storia umana, la categoria del terrorismo ha la sua origine nel “Terrore” teorizzato da Marat, Robespierre e Saint-Just e messo in atto nel corso della Rivoluzione francese a opera del governo giacobino (1793-94) per annientare i sostenitori della controrivoluzione. Negli ultimi decenni dell’Ottocento e nei primi anni del Novecento il terrorismo divenne una componente organica dell’azione dei movimenti rivoluzionari russi (anarchici, populisti, socialrivoluzionari) nella lotta contro lo zarismo e i suoi esponenti. Esso trovò il suo breviario ideologico nel Catechismo del rivoluzionario (1871) scritto da Necaev e da Bakunin. Negli Stati Uniti metodi terroristici vennero usati dal Ku Klux Klan, una società segreta sorta nel 1865 nel sud per opporsi all’integrazione dei neri nella vita sociale e politica. L’anarchismo internazionale sviluppò un’intensa attività terroristica in Europa e in America mediante non solo assassinii di numerosi uomini e capi di stato, ma anche l’esecuzione di stragi. Il terrorismo nelle sue varie forme ha conosciuto un imponente sviluppo nel Novecento in vari paesi. Un focolaio permanente di terrorismo è stato costituito dalle organizzazioni clandestine dei nazionalisti irlandesi in lotta contro gli inglesi. Un’espressione della massima importanza è stata quella prodottasi nella Russia bolscevica, dove fu messa in atto una politica repressiva che riprendeva in grande stile il Terrore di tipo giacobino. Trockij in Terrorismo e comunismo (1920), richiamandosi esplicitamente al giacobinismo, teorizzò la necessità del terrore come mezzo temporaneo per l’attuazione della “dittatura del proletariato” e l’eliminazione delle forze controrivoluzionarie. A partire dalla fine degli anni Venti, Stalin diede una base permanente e organica alla repressione di tutte le forme di opposizione sociale e politica, così da creare un organico sistema terroristico di stato che colpì milioni di persone eliminandole fisicamente o emarginandole nei campi di lavoro forzato (il gulag). Manifestazioni particolarmente acute di terrorismo hanno avuto luogo nella Cina comunista nel corso della rivoluzione culturale (1966-71) e, ancor più, in Cambogia a opera dei khmer rossi (1976-79). Il terrorismo ha avuto forme di analoga applicazione nell’Europa centro-occidentale tra le due guerre mondiali a opera del fascismo e in primo luogo del nazionalsocialismo. Nella fase della lotta per il potere in Italia (1919-22) e in Germania (1919-32) le “squadre” fasciste e quelle naziste (SA e SS) si sono assunte il compito di terrorizzare gli oppositori. Una volta assunto il potere nel 1933, i nazisti costruirono prima in Germania e poi in tutta l’Europa occupata (1939-45) un “regno del terrore” diretto all’annientamento non solo dei nemici politici ma anche di quelli razziali. Milioni di ebrei, di appartenenti ad altre minoranze etniche e di prigionieri di guerra sovietici furono sterminati nei campi di concentramento. Pratiche di terrore su vasta scala furono anche messe in atto dalle parti opposte nel corso della guerra civile spagnola (1936-39) e della seconda guerra mondiale (1939-45). Un’espressione quanto mai significativa furono i bombardamenti indiscriminati, “terroristici”, sulle grandi città condotti sia dai tedeschi e dai giapponesi sia dagli alleati con lo scopo di terrorizzare le popolazioni e di spezzare la capacità di resistenza del nemico. Dopo la seconda guerra mondiale, il terrorismo, col sostegno di stati amici, ha avuto un grande sviluppo in tutto il mondo a opera da una parte di movimenti e gruppi clandestini decisi a ottenere l’indipendenza nazionale oppure a combattere i governi al potere o l’imperialismo, dall’altra di governi e di movimenti di tendenze opposte a quelle ora indicate. Focolai di terrorismo, con la presenza di una molteplicità di organizzazioni, sono stati in particolare il mondo arabo, l’America Latina, l’India, la Spagna, la Corsica, la Germania, l’Italia. In Italia il terrorismo si è sviluppato tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Ottanta a opera di gruppi di estrema destra, che, in molti casi appoggiati da apparati deviati dello stato, hanno organizzato numerose stragi (per cui si è parlato di “stragi di stato”), e di gruppi di estrema sinistra (tra i quali in prima fila le Brigate rosse), che hanno ferito e assassinato molti esponenti della classe dirigente, tra cui nel 1978 lo statista Aldo Moro. Nel corso degli anni Novanta anche la mafia italiana fece ricorso a metodi terroristici. Negli stessi anni gli Stati Uniti furono ripetutamente oggetto di attacchi terroristici: i più gravi compiuti sul suolo americano prima dell’11 settembre 2001 furono quello al World Trade Center di New York (1993) e quello di Oklahoma City (1995), in cui morirono oltre centosessanta persone. Ma, come nel caso delle sedi diplomatiche americane in Tanzania e in Kenya (1998), furono colpiti anche numerosi altri obiettivi aldifuori del territorio nazionale statunitense. Sebbene già a partire dai primi anni Novanta il timore di una escalation terroristica – soprattutto di matrice fondamentalista e islamica – legata all’eventuale utilizzo di armi di distruzione di massa fosse stato al centro delle preoccupazioni dei principali governi occidentali, l’emergenza internazionale si acutizzò enormemente all’indomani dei clamorosi attentati dell’11.9.2001 negli Stati Uniti, della strage di Bali (2002) e delle azioni compiute dai separatisti ceceni a Mosca e a Beslan (2002, 2004), quando il presidente americano G. W. Bush, prima con l’invasione dell’Afghanistan (2001) e poi con l’invasione dell’Iraq (2003), scatenò una campagna globale contro la minaccia terroristica rappresentata in particolare da organizzazioni come quella di al-Qaida (“la base”), guidata dallo sceicco saudita Osama bin Laden. Da allora furono severamente innalzate le misure di sicurezza a livello internazionale – si pensi, per esempio, all’inasprimento dei controlli aeroportuali – e soprattutto fu adottata una linea di intransigenza nei confronti di quegli stati – i cosiddetti “stati canaglia” – ritenuti responsabili di promuovere e sostenere l’attività terroristica. In tal senso, a partire dai primi anni Duemila, la lotta globale contro il terrorismo e gli stati che se ne rendono a vario titolo corresponsabili è diventata un’importante componente della politica internazionale. [Massimo L. Salvadori]