Teodosio I, Flavio

(Cauca, Spagna, 346 circa, † Milano 395). Imperatore romano dal 379 al 395. Figlio del magister equitum Teodosio, seguì anch’egli la carriera militare. Magister equitum sotto Graziano nel 378, fu acclamato augusto il 19 gennaio dell’anno successivo e gli venne affidato il governo dell’Oriente. Tra il 379 e il 382 guidò campagne vittoriose contro alani, unni e visigoti, ai quali permise di stanziarsi come federati in Tracia, presso il confine orientale con l’impegno di difenderlo. Fu l’inizio di una politica che mirava a depotenziare il pericolo barbarico attraverso un sapiente gioco di concessioni e intimidazioni. Significativi anche i suoi interventi fiscali, finanziari, di riforma burocratica e di repressione degli abusi delle classi dirigenti locali. Nel 386 stipulò un trattato di pace con la Persia che prevedeva la spartizione dell’Armenia. Nel 387 condusse l’esercito in Occidente contro Magno Massimo, che egli aveva riconosciuto nel 383, ma che ora, avendo cacciato Valentiniano II dall’Italia, rappresentava un pericolo anche per l’Oriente dell’impero. Massimo fu sconfitto e ucciso. Tra il 387 e il 390 rimase in Italia, affidando a Valentiniano II la Gallia e avendo proclamato augusto per l’Oriente il proprio figlio Arcadio. Ritornato a Costantinopoli nel 391, dovette ripresentarsi in Occidente nel 394 per contrastare l’usurpatore Eugenio e il suo uomo forte Arbogaste, che avevano preso il potere dopo la morte di Valentiniano II. Nella campagna in Occidente, che si presentava particolarmente delicata perché Eugenio godeva dell’appoggio dell’aristocrazia senatoria pagana occidentale impegnata nell’ultimo tentativo di reazione contro l’impero cristiano, Teodosio fu accompagnato dal figlio Onorio appena proclamato augusto. Sconfitto Eugenio nel settembre del 394, si trasferì a Milano, dove morì il 17 gennaio del 395. La sua morte segnò la definitiva divisione dell’impero in due parti: l’Occidente, affidato a Onorio sotto la tutela di Stilicone, e l’Oriente affidato ad Arcadio. In apparente contrasto con tale esito, Teodosio I si impegnò costantemente nella difesa dell’unità e dell’integrità territoriale dello stato romano contro le spinte centrifughe interne e contro le minacce “barbariche” esterne. In questa prospettiva va vista anche la politica religiosa fortemente filocristiana, che egli perseguì nella convinzione che le strutture della chiesa potessero costituire un elemento indispensabile di collante per la compagine sociale e politica dell’impero. Nel 380 egli promulgò insieme a Graziano l’editto di Tessalonica (380), che imponeva a tutti i sudditi l’accettazione dell’ortodossia cristiana secondo il dettame del Concilio di Nicea del 325. La lotta all’arianesimo, eresia diffusa a livello popolare e fra le popolazioni germaniche, fu in effetti un altro cardine della politica religiosa di Teodosio, sulla quale a partire dal 387 esercitò un fortissimo influsso il vescovo di Milano Ambrogio. Fu Ambrogio a costringere Teodosio a revocare l’ordine, da lui emanato nel 388, ai cristiani della città di Callinico affinché ricostruissero a loro spese la sinagoga che avevano distrutto nel corso di disordini antigiudaici; lo stesso Ambrogio costrinse anche Teodosio, due anni più tardi, a far pubblica ammenda della colpa di aver massacrato 7000 cittadini di Tessalonica come rappresaglia per l’uccisione, avvenuta nella città greca, di un magister militum barbaro. Tale assassinio comprometteva il foedus stipulato da Teodosio con i barbari, donde la sua violenta azione di repressione. La scomunica di Ambrogio e la penitenza imposta a Teodosio per poter essere riammesso ai sacramenti ebbero una fortissima risonanza politica oltre che religiosa: veniva di fatto sconfessata in questo modo da Ambrogio la politica filobarbarica di Teodosio, ma soprattutto si sottolineava la superiorità della gerarchia ecclesiastica rispetto ai vertici dello stato quando questi compivano azioni giudicate moralmente riprovevoli o in contrasto con gli interessi della chiesa. Con Teodosio il cristianesimo niceno divenne del resto definitivamente la religione ufficiale dell’impero.