sviluppo

La nozione di sviluppo implica genericamente l’idea dell’accrescimento, di una tendenza all’espansione, ma assume un pregnante significato sociale e politico se considerata nel contesto dell’economia capitalistica e della formazione del sistema economico mondiale proprio degli ultimi due secoli. In tal senso lo “sviluppo” economico caratterizza società che presentano al loro interno il primato dell’industria sull’agricoltura e un alto tasso di investimenti capaci di assicurare trasformazioni tecnologiche e un livello di consumi elevato. Esso è definito perciò dall’incremento costante di fondamentali parametri di riferimento, quali il prodotto pro capite, la crescita della popolazione, il progresso tecnologico, la capacità di adeguamento continuo delle strutture istituzionali e culturali alle esigenze dell’impresa e del mercato, ecc. La premessa storica dello “sviluppo” capitalistico fu posta in Europa dalla prima rivoluzione industriale avviatasi in Inghilterra tra Settecento e Ottocento e quindi dal “decollo” degli altri paesi capitalistici (rapido aumento della quota di investimenti destinata allo sviluppo, creazione di un’industria pesante e di infrastrutture, formazione di un adeguato quadro tecnico-amministrativo in grado di dargli continuità). Lo sviluppo economico funge da fattore discriminante tra l’“avanzato” Nord del mondo (Occidente euroamericano, Giappone, area degli ex paesi socialisti, Cina e altri paesi asiatici pervenuti a un grado soddisfacente di industrializzazione) e il Sud “arretrato” del pianeta (costituito dai paesi sottosviluppati o in via di sviluppo del Terzo e Quarto Mondo), il quale, pur disponendo talora di enormi ricchezze in materie prime e risorse energetiche – sfruttate in regime di neocolonialismo e spesso per il mero profitto di classi dirigenti corrotte – non ha però ancora superato (e, in alcune zone, nemmeno iniziato) la fase del “decollo” (sottosviluppo). Lo sviluppo qualifica pertanto l’avvenuta modernizzazione di un determinato paese. Tuttavia, occorre almeno segnalare che – soprattutto nelle aree a capitalismo maturo, ma anche in alcune di quelle impegnate nella transizione difficile dal sottosviluppo allo sviluppo – esso è entrato in contraddizione, e sovente in aperto conflitto, con le esigenze del rispetto e della buona conservazione dell’ambiente, generando conseguenze talora distruttive.