Sturzo, Luigi

(Caltagirone, Catania, 1871, † Roma 1959). Prete e uomo politico italiano. Ordinato nel 1894, conseguì la specializzazione teologica nell’Università Gregoriana di Roma nel 1898. Nonostante la profonda inclinazione agli studi filosofico-teologici, fu più forte la passione sociale e politica. Fu attento osservatore del messaggio politico di R. Murri e cercò di applicarlo con prudenza pur senza partecipare alla vita della democrazia cristiana a livello nazionale. Avviò un’intensa attività pubblicistica sulla base di un orientamento autonomista e meridionalista vicino, sotto il profilo economico, a quello liberalradicale di F.S. Nitti. Prosindaco di Caltagirone dal 1905 al 1920, il suo nome è legato alla lunga maturazione (a partire dalle idee espresse nel discorso del 1905 sui Problemi della vita nazionale dei cattolici) e poi alla fondazione del Partito popolare italiano (1919), dopo l’appello A tutti gli uomini liberi e forti, con il quale i cattolici democratici furono ricondotti a partecipare direttamente e con una propria specifica organizzazione alla lotta politica in Italia. Primo segretario del PPI, sviluppò una politica tesa alla realizzazione di una riforma autonomistica e antimonopolistica dello stato liberale. Parimenti si segnalò per l’opposizione al fascismo e votò contro la partecipazione al governo di Mussolini dopo la marcia su Roma (1922). Messo in minoranza nel partito nel corso di una battaglia intransigente, fu costretto dall’intervento delle gerarchie ecclesiastiche, pressate da Mussolini, ad abbandonare la segreteria (1923) e ad andare in esilio (1924) a Londra dopo esser stato minacciato di morte. Qui proseguì un’indefessa attività pubblicistica contro il regime, con scritti quali L’Italia e il fascismo (1926), Politica e morale (1936) e Chiesa e Stato (1939). Diede anche libero sfogo all’inclinazione sociologico-religiosa con opere come La società. Sua natura e leggi (1935) e La vera vita. Sociologia del soprannaturale (1944). Allo scoppio della seconda guerra mondiale si trasferì negli Stati Uniti, dai quali fece ritorno in Italia nel 1946. Qui partecipò in posizione defilata alla vita pubblica, date le cattive condizioni di salute e i suoi difficili rapporti con la Democrazia cristiana, impegnandosi inizialmente solo nel 1952 per le elezioni amministrative romane su richiesta del Vaticano, ma ritirandosi dall’impresa non appena ne intuì le reali finalità. Nel 1953 fu nominato senatore a vita. Nell’ultimo periodo della sua vita si dedicò soprattutto alla rielaborazione di opere sociologico-politiche, come Nazionalismo e internazionalismo (1946) e Del metodo sociologico (1950), nonché allo sviluppo dell’Istituto di scienze sociali e storiche che prese poi il suo nome.