stampa

Il procedimento di riproduzione di immagini o, più raramente, di testi da un originale, solitamente di legno, a più copie su carta, stoffa o altro supporto, era noto e praticato in Cina almeno dal IX secolo (xilografia). Ma l’affermarsi della stampa a caratteri mobili nell’Europa della seconda metà del Quattrocento significò l’inizio di un sistema nuovo di realizzazione dei testi, cui si affiancarono progressivamente miglioramenti nella riproduzione delle immagini. A Johann Gutenberg si attribuisce tradizionalmente l’invenzione della stampa a caratteri mobili. In realtà è impossibile accertarlo con precisione. Certo è che tra gli anni Quaranta e Cinquanta del Quattrocento, particolarmente in Renania, si sperimentarono sistemi di stampa basati su caratteri singoli, fusi in una lega di piombo, stagno e antimonio, riuniti in pacchetti a formare i testi, inchiostrati e premuti da un torchio ligneo su fogli di carta predisposti. Questo procedimento di stampa fu reso possibile dai miglioramenti avvenuti nella lavorazione dei metalli nei decenni precedenti. Dal primo esemplare di libro a stampa, la Bibbia “delle 42 righe”, prodotta da Gutenberg tra il 1452 il 1456, il nuovo procedimento si diffuse in tutta l’Europa affiancando e poi sostituendo, dall’inizio del Cinquecento, la produzione di libri manoscritti. La stampa a caratteri mobili rese possibili alte tirature: le opere di Erasmo da Rotterdam, ad esempio, furono pubblicate in decine di migliaia di esemplari. Nel Cinquecento migliorò nettamente la qualità grafica dei caratteri che divennero più nitidi e gradevoli alla lettura. In Italia e in Francia si diffusero il “tondo romano” e il “corsivo aldino”, che rispondevano ai desideri di un pubblico educato alla nuova cultura dell’Umanesimo. Nel Cinquecento la fortuna della stampa fu legata alle figure dei grandi editori-tipografi come Aldo Manuzio a Venezia, Plantin ad Anversa, Gryphe a Lione, Amerbach e Froben a Basilea. L’attività tipografica divenne così un fenomeno economico e culturale assai significativo per la vita delle città nelle quali questa si concentrò, ma anche un motivo di preoccupazione per le autorità civili e religiose, che diedero vita ad apparati, più o meno efficienti, di censura. Tecnicamente la stampa non subì trasformazioni fondamentali sino all’inizio dell’Ottocento: gli storici parlano pertanto di un “antico regime tipografico”, che si scontrò alla fine del Settecento con insuperabili difficoltà strutturali: alto prezzo degli stracci dai quali si ricavava la carta, alto prezzo e rigidità corporativa della manodopera specializzata, scarsa produttività dei macchinari rispetto agli investimenti e alle possibilità di smercio. Le innovazioni furono decisive nel corso dell’Ottocento. Nel 1811 Koenig meccanizzò il funzionamento dei torchi, che da pochi anni erano in metallo. Nel 1840 Keller iniziò a produrre carta dalla polpa del legno, abbassando i costi di approvvigionamento. La composizione a mano fu sostituita alla fine del secolo dalla linotype e dalla monotype, macchine che versano nella matrice una lega di piombo e altri metalli in stato di fusione al momento della composizione del testo. Negli anni Sessanta del Novecento anche la composizione con linotype e monotype è stata soppiantata quasi interamente dalla fotocomposizione, nella quale sono sfruttati pienamente i miglioramenti sia del procedimento di riproduzione fotografica sia gli enormi progressi compiuti nell’elaborazione dei testi e delle immagini con i calcolatori elettronici. [Edoardo Tortarolo]