Spinoza, Baruch

(Amsterdam 1632, † L’Aja 1677). Filosofo olandese. Opere principali: Ethica more geometrico demonstrata (1677, postuma), Tractatus theologico-politicus (1670). Di famiglia portoghese emigrata in Olanda (1497) per la propria religione ebraica, nel 1656 venne scomunicato e bandito dalla Sinagoga a causa del carattere eretico delle sue concezioni filosofiche. Condusse il resto della vita in condizioni economiche modeste, molando le lenti per mantenersi e rifiutando l’offerta di una cattedra universitaria (1673) per non perdere la libertà di pensiero. Appoggiò politicamente l’opposizione liberale di Jan de Witt alla famiglia Orange. Le sue teorie, condannate per ateismo dalle chiese cattolica e protestante, ebbero comunque grande diffusione, fino alla formazione di un vero e proprio “spinozismo”, particolarmente importante nel dibattito filosofico dell’epoca. Espressione del razionalismo secentesco, il suo pensiero svolse una metafisica sistematica con il rigore e secondo il modello logico ed espositivo della geometria euclidea (“more geometrico demonstrata”). Spinoza elaborò una filosofia assolutamente monistica, fondata sull’unicità della sostanza, identificata con Dio, di cui ogni realtà fisica e spirituale è manifestazione. Fu accusato di ateismo per l’identificazione totale, senza residui, di Dio con il mondo (“Deus sive natura”), di cui costituisce l’ordine geometrico e necessario. Criticò con vigore, inoltre, l’antropomorfismo delle religioni positive, che attribuiscono a Dio una volontà e l’agire finalistico propri dell’uomo. Affermò che solo Dio come totalità dell’essere è libero, mentre ogni fenomeno è necessario. Estendendo il modello meccanicistico alla spiegazione dell’uomo, mostrò la derivazione necessaria di tutte le passioni dall’originaria tendenza all’autoconservazione (“conatus”). Dichiarò illusoria la libertà dell’uomo e ridusse i concetti di bene e male a idealizzazioni del piacevole e dell’utile. Ammise come unica libertà la conoscenza razionale e l’accettazione serena della necessità di ogni cosa e come unica beatitudine l’“amore intellettuale” di Dio. In questo contesto deterministico giustificò il diritto di punire le azioni criminose per motivi non morali (anche i delitti sono eventi necessari e inevitabili), ma solo di utilità sociale. Nel Tractatus theologico-politicus evidenziò, attraverso l’analisi della Bibbia, come la religione sia uno strumento per indurre gli uomini all’obbedienza civile e alla pratica della giustizia e della carità. Affermò la natura storicamente determinata dei contenuti biblici e chiamò superstizione la loro assolutizzazione, spesso usata dai potenti per dominare le masse. Sostenne l’origine contrattuale dello stato, finalizzato all’uscita dallo stato naturale di guerra di tutti contro tutti (Hobbes). Vide nell’alienazione dei diritti individuali e nella delega al sovrano del monopolio della forza la contropartita alla tutela della pace e della sicurezza dei cittadini. Alla monarchia assoluta preferì il modello liberale e asserì il diritto del popolo di sovvertire uno stato che non garantisse il bene comune. Attribuì allo stato il potere di disciplinare i comportamenti esteriori dei sudditi, anche in campo religioso, ma non di calpestare il diritto inalienabile alla libertà di pensiero e di espressione. Individuò nell’ignoranza e nella superstizione i più gravi ostacoli al progresso civile, che consiste nel consentire il libero perseguimento dell’interesse individuale in armonia con il bene comune, sotto l’autorevole guida dello stato.