Somalia

Stato attuale dell’Africa orientale. Nacque dall’unione delle ex colonie del Somaliland britannico e della Somalia italiana.

  1. Le origini
  2. Il periodo coloniale
  3. La repubblica somala
1. Le origini

Conosciuto dagli egizi, il paese fu abitato dal VII secolo da popolazioni bantu e dal X secolo dai somali provenienti dall’Etiopia; nella zona costiera si sviluppò una discreta rete di traffici commerciali a partire dall’VIII secolo, con il sopraggiungere degli arabi. Questi fondarono numerosi porti sul golfo di Aden e sull’Oceano Indiano, introducendo la religione islamica che si diffuse progressivamente anche all’interno del paese. Nel XV secolo sul Golfo di Aden si costituì il regno musulmano di Adal, che raggiunse notevole importanza e contese a lungo all’impero di Etiopia l’egemonia sulla regione del Corno d’Africa. Con la crisi del regno di Adal nel XVII secolo sorsero una serie di piccoli sultanati (Mogadiscio, Brava e Merca sull’Oceano Indiano, Obbia e Migiurtinia gravitanti intorno al sultanato di Oman), mentre le regioni interne furono raggiunte dai galla (oromo), che si sovrapposero ai somali. Nella prima metà del XIX secolo le coste somale passarono sotto il controllo del sultanato di Zanzibar, mentre con l’apertura del canale di Suez (1869) iniziò la penetrazione inglese, francese e italiana.

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2. Il periodo coloniale

I francesi furono i primi a insediarsi stabilmente nella regione del Corno d’Africa, dove costituirono la Costa francese dei Somali, corrispondente all’attuale repubblica di Gibuti. Nel territorio propriamente somalo si stabilirono invece inglesi e italiani. Gli inglesi si stanziarono nella zona del golfo di Aden nel 1887, dopo che tre anni prima gli egiziani erano stati costretti ad abbandonare alcuni porti che tenevano dal 1860 a seguito della sconfitta nella guerra contro Muhammad Ibn ’Adb Allah. Gli italiani, a loro volta, imposero nel 1889 il protettorato sui sultanati di Obbia e Migiurtinia e nel 1892 quello su Mogadiscio, Brava e Merca, avviando quindi la conquista del nord del paese; nel 1905 costituirono infine la colonia della Somalia italiana. Nonostante gli accordi del 1897 tra Francia, Gran Bretagna e Italia sulle rispettive sfere d’influenza nel Corno d’Africa, rimase tuttavia controversa la questione dei confini fra la Somalia italiana e l’Etiopia, perché quest’ultima divenne presto oggetto delle mire espansionistiche italiane. Per tutto il primo ventennio del Novecento l’area somala, sia quella italiana sia quella controllata dagli inglesi, fu interessata da forti fermenti autonomisti. Fra il 1924 e il 1926 si ebbe comunque una riorganizzazione dei confini a vantaggio dell’Italia con la cessione dell’Oltregiuba da parte degli inglesi. Dopo essere stata utilizzata dagli italiani come base per le operazioni militari nella guerra d’Etiopia (1935-36), la Somalia divenne parte dell’Africa orientale italiana. Tra il 1940 e il 1941, durante la seconda guerra mondiale, gli italiani occuparono temporaneamente la Somalia inglese. La Gran Bretagna tuttavia, dopo aver riconquistato i propri territori, riuscì a occupare anche la Somalia italiana nel febbraio 1941. Al termine del conflitto l’ex Somalia italiana rimase sotto l’amministrazione provvisoria inglese fino al 1950, quando l’ONU la affidò in amministrazione fiduciaria all’Italia per prepararla all’indipendenza; l’ex Somalia inglese rientrò invece fra i paesi del Commonwealth fino al 1960, quando fu ricompresa nella repubblica somala.

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3. La repubblica somala

Fallita la proposta inglese di creare un grande territorio somalo su base etnica che comprendesse, oltre alla Somalia francese, inglese e italiana, le zone dell’Ogaden e del Kenya settentrionale (abitate prevalentemente da genti somale), nel 1960 l’ex Somalia italiana e l’ex Somalia britannica diedero vita alla repubblica somala. L’Ogaden, ceduto dagli inglesi nel 1948 all’Etiopia, costituì da allora un motivo di contrasto fra i due paesi. I movimenti nazionalistici, volti a realizzare il progetto di una Grande Somalia, furono particolarmente forti nel primo decennio dell’indipendenza, quando la vita politica del nuovo stato fu egemonizzata dalla Lega della gioventù somala. Alla Lega appartenevano Aden Abdullah Osman, presidente della repubblica dal 1960 al 1967, il suo successore e già primo ministro Abdirrashid Alì Sharmarke, e Muhammad Haji Ibrahim Egal, primo ministro dal 1967 al 1969. Il colpo di stato militare dell’ottobre 1969 – pochi giorni dopo l’uccisione del presidente Sharmarke – impresse una svolta al paese, trasformandolo in uno stato socialista retto dal Consiglio supremo rivoluzionario (CSR). Il generale Mohammed Siad Barre, presidente del CSR e capo dello stato, dal 1970 avviò un esperimento di “socialismo scientifico” sul modello sovietico che prevedeva un piano di ristrutturazione economica basato sulla nazionalizzazione dei servizi, delle imprese straniere e, dal 1975, della terra. Anche in ambito sociale si intervenne cercando di imporre la detribalizzazione, il contenimento della influenza dell’islam e la scolarizzazione. In realtà i risultati conseguiti dal regime furono fin dall’inizio molto modesti e la Somalia continuò a dipendere in larga misura dagli aiuti internazionali, mentre il potere fu monopolizzato dapprima dai militari e poi, dal 1976, dal Partito socialista rivoluzionario somalo, che si configurò sempre più come uno strumento di potere nelle mani di Siad Barre e della sua famiglia. In politica estera la Somalia dei militari si accostò all’Unione Sovietica, alla quale concesse l’utilizzazione di basi militari, e agli stati arabi, entrando a far parte della Lega araba nel 1974. Dal 1977 però, quando il regime somalo – in concomitanza con la crisi etiopica – riprese il progetto di annessione dell’Ogaden, il paese si trovò isolato: ruppe infatti con l’Unione Sovietica (che si era impegnata a fianco del governo militare etiopico), mentre gli Stati Uniti (ai quali Siad Barre si era nel frattempo rivolto ricercando nuove alleanze) si dimostrarono assai tiepidi sostenitori di un paese che, sulla base del principio dell’inviolabilità delle frontiere ereditate dal periodo coloniale, si configurava come aggressore. In questo quadro l’avventura militare si risolse in una disfatta per il regime somalo, che dovette ritirare i suoi contingenti dall’Ogaden nel 1978 e che negli anni seguenti dovette sostenere una guerra strisciante con il paese limitrofo. Il ritiro dall’Ogaden diede anche inizio a un imponente processo di migrazione verso la Somalia di rifugiati che misero in ginocchio l’economia del paese, già duramente compromessa dalla siccità del 1973-74. Soltanto nel 1986 furono ristabilite le relazioni diplomatiche con l’Etiopia, in una situazione completamente diversa in cui la guerriglia si era spostata all’interno della Somalia. Il Fronte democratico per la salvezza della Somalia e il Movimento nazionale somalo – i due principali movimenti antigovernativi – dalla metà degli anni Ottanta riuscirono progressivamente a guadagnare adesioni e a mettere in difficoltà il governo, conquistando a più riprese alcune importanti aree del paese, soprattutto a nord. In questo stesso periodo la gravissima crisi economica, le ricorrenti carestie (una nuova siccità si ebbe nel 1983-84), la dilagante corruzione e l’inefficienza del governo anche nel gestire gli aiuti internazionali – provenienti soprattutto dall’Italia attraverso il FAI – fecero precipitare la Somalia fra i paesi a più basso reddito pro capite del mondo. Insufficienti e tardivi si dimostrarono quindi i tentativi di riconciliazione con gli stati vicini (gli accordi con il Kenya nel 1977, la normalizzazione dei rapporti con l’Etiopia e, quindi, la ricomposizione della rottura con l’Unione Sovietica), la promessa di riforme interne e il riconoscimento sul piano teorico della necessità di una soluzione politica al problema della guerriglia. Il governo di Siad Barre, ormai screditato sul piano internazionale e privo di appoggi interni che non fossero quelli di una parte dell’esercito, fu deposto dopo sanguinosi combattimenti nel gennaio 1991 dai movimenti di opposizione temporaneamente coalizzatisi. Nello stesso anno la regione settentrionale del Somaliland si dichiarò indipendente. Un governo provvisorio costituito dal Congresso nazionale somalo non venne riconosciuto dal Movimento unito somalo e dal Movimento patriottico somalo, col risultato di creare una situazione di totale ingovernabilità e di collasso istituzionale nel 1991-92. Alla catastrofe politica si accompagnò quella economica, accelerata da una gravissima siccità. La distribuzione degli aiuti internazionali venne resa quanto mai difficile dalle lotte intestine e dai saccheggi, così che i morti furono circa 300.000. L’invio da parte dell’ONU di un contingente internazionale nel corso dell’operazione Restore Hope (1992-95), con la partecipazione italiana, non valse a impedire la continuazione degli scontri tra fazioni rivali, la più potente delle quali era comandata dal generale Mohammed Farah Aidid. Questi, nel quadro di continui scontri tribali, si autoproclamò presidente della repubblica nel giugno del 1995, ma fu ucciso nell’agosto del 1996. Alla fine del 1997 fu raggiunta una tregua relativa tra le fazioni in lotta, ma il conflitto tra i clan riprese nel settembre del 1999. Una prospettiva di pace si aprì con la Conferenza di riconciliazione nazionale convocata dall’ONU a Gibuti nel 2000, che consentì la formazione di un governo provvisorio. Nel 2001 i capi di molti clan dissidenti, riuniti nel Consiglio di restaurazione e riconciliazione (SRRC) col sostegno dell’Etiopia, diedero vita a istituzioni contrapposte a quelle create a Gibuti e gli scontri armati ripresero a Mogadiscio e nel sud del paese. Le trattative ripresero in Kenya nel 2003 e portarono alla formazione di un nuovo governo di transizione, che nel 2004 elesse presidente ad interim Abdullah Yusuf Ahmed. La situazione politica restò tuttavia precaria soprattutto quando, dopo aver occupato Mogadiscio, l’Unione delle corti islamiche (ICU) entrò in competizione con il governo provvisorio, che nel frattempo si era trasferito nella città di Baidoa. In sostegno di quest’ultimo e con l’appoggio della comunità internazionale, l’Etiopia inviò un contingente militare, che nel gennaio del 2007 riuscì a liberare Mogadiscio. Nel dicembre del 2008, a fronte delle crescenti critiche, il presidente Yusuf si dimise e, un mese dopo, fu sostituito da Sheikh Sharif Ahmed. Nello stesso anno il governo provvisorio adottò la legge islamica (Sharia).
Nell’estate 2012 fu approvata una nuova costituzione provvisoria e fu dato il via alla formazione di un nuovo parlamento bicamerale, che, nel settembre dello stesso anno, elesse Hassan Sheik Mohamud alla presidenza dello stato.
Lungo tutto il primo decennio degli anni Duemila, il problema irrisolto della pirateria fu ragione di crescenti preoccupazioni a livello internazionale.

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