società industriale

Dal punto di vista concreto e descrittivo, società industriale è ogni società nella quale il settore secondario (industria) è preminente rispetto ai settori primario (agricoltura) e terziario (servizi), sia come quantità di manodopera occupata, sia come consistenza delle sue tipiche figure professionali (operai), sia, ancora, come investimenti globali, sia, infine, come contributo alla creazione del reddito nazionale. In questo senso è società industriale, ad esempio, la Germania degli anni Settanta di questo secolo, ma non quella degli anni Settanta del secolo passato, in cui il settore agricolo è ancora prevalente. Per contro, dal punto di vista analitico anche in questo secondo caso la società tedesca deve essere esaminata alla luce del concetto di società industriale, qualora se ne vogliano cogliere e spiegare i processi di strutturazione e di cambiamento. Questa seconda prospettiva, che è stata originariamente di Saint-Simon e di Marx, si basa sull’idea – e sull’osservazione – che l’avvento dell’industria introduce in una società basata sull’agricoltura e sul commercio una serie così potente di fattori endogeni di crescita e di cambiamento da fare dell’industria stessa l’elemento costitutivo del dinamismo sociale nel suo insieme. In tal modo il concetto di società industriale ha significato indipendentemente dal grado di presenza dell’industria in un particolare contesto storico. Da questo assunto e dall’osservazione che l’industrializzazione è stata storicamente una creazione del capitalismo, si dipartono due linee interpretative opposte. La prima, di matrice marxiana, sostiene la priorità dell’analisi del capitalismo, e cioè che l’industrializzazione e la società industriale debbano essere analizzate e spiegate in quanto capitalistiche, poiché nel capitalismo vi è la chiave per comprenderne anatomia, sviluppo e crisi. La seconda prospettiva sostiene la priorità analitica del genere “industriale” sulla specie “capitalistica”: la società industriale presenta più varianti concrete, da quella capitalistica a quella socialista. Insomma, nella prima prospettiva vi è capitalismo industriale, nella seconda vi è industrializzazione capitalistica. La prima conseguenza rilevante è il diverso modo di interpretare il conflitto strutturale in questo tipo di società. In un caso esso (il conflitto capitale-lavoro) è tipico del capitalismo e pertanto destinato a estinguersi con esso. Nell’altro caso, il conflitto (tra chi controlla la produzione e l’accumulazione e chi è soggetto a tale controllo) è tipico della società industriale e perciò destinato a permanere, seppure in forme mutate, anche in una società a economia pianificata. All’interno di questa seconda prospettiva si dipartono due principali orientamenti. L’uno collega il concetto di società industriale a quello di industrialismo e giunge (come nella teoria della “convergenza”) a sostenere, in prospettiva evoluzionistica, che tutte le società industriali – nonostante il diverso regime economico – sono destinate prima o poi ad assumere gli stessi tipi di rapporti e istituzioni sociali, economiche e anche politiche, caratterizzate dal pluralismo e dalla regolamentazione negoziale dei conflitti. L’altro orientamento, mentre riconosce di più le varianti storico-culturali della società industriale, assegna al conflitto industriale un ruolo esplicativo preminente, di modo che il tramonto della società industriale e il passaggio alla società postindustriale sono caratterizzati dall’apparizione di un diverso tipo di conflitti.