società di massa

Riferito per lo più alla società industriale e a volte esteso alla società moderna, il concetto di società di massa, pur vantando parziali ma significativi antecedenti in alcune importanti formulazioni storico-sociologiche del XIX secolo, entra nelle elaborazioni e nel vocabolario delle scienze sociali dal secondo decennio del XX secolo, per poi perdere d’incidenza negli ultimi tre decenni. A eccezione di qualche teorico che ha ravvisato nella società di massa caratteristiche positive, quali l’estesa partecipazione politica e sociale, il concetto è stato usato per descrivere una serie di effetti negativi derivanti dai processi di massificazione: l’anonimato e l’estraneità nei rapporti tra gli uomini, il conformismo, l’apatia politica, la suggestionabilità ideologica. Effetti, questi, che si condensano nella perdita dell’autonomia individuale a tutto vantaggio di forme di eterodirezione dei comportamenti. Alla base di una tale sindrome vi sono la concentrazione urbana, il dissolvimento delle comunità intermedie, la burocratizzazione e la concentrazione del potere. Questi processi danno impulso a forme sempre più estese di razionalizzazione delle diverse sfere di vita; razionalizzazione che, in concomitanza con la crescente omogeneizzazione sociale e culturale della popolazione, derivante dallo sviluppo delle classi medie e inferiori, genera impersonalità e massificazione. Applicato all’analisi del totalitarismo, in specie del nazismo e dello stalinismo, il concetto di società di massa è stato usato per dar conto, in tale tipo di regime, dell’esclusione del dissenso, della mobilitazione delle masse dall’alto, della manipolazione ideologica e del plebiscitarismo. Sulla scorta delle analisi di Alexis de Tocqueville (1805-1859) sui caratteri egualitari della società americana, che lo portavano a prevedere una sorta di “tirannia della maggioranza”, il concetto è stato sviluppato e usato fino a estendere alle democrazie liberali il riconoscimento di tratti tipici dei regimi totalitari e, più di frequente, per descrivere e spiegare tratti loro peculiari quali l’alienazione, la manipolazione culturale, l’apatia politica. Questi, attribuiti o meno al capitalismo, sono posti in relazione con il consumismo, con l’influenza pervasiva e manipolatrice dei mezzi di comunicazione di massa e, soprattutto, con alcuni aspetti dello stesso processo di democratizzazione che possono mettere capo a nuove forme di dispotismo. Nelle visioni più pessimistiche o più elitarie la democratizzazione produce effetti perversi, dal momento che, generando uguagliamento e mediocrità morale, favorisce la concentrazione del potere, nei confronti del quale la massa è, per natura, predisposta a sottomettersi. Più di recente l’analisi della società di massa ha ceduto il passo a osservazioni più articolate che, pur riconoscendo il persistere di alcuni suoi importanti tratti tipici, hanno posto l’accento più che sui fenomeni di massificazione, sui processi di differenziazione, competizione e conflitto tra gruppi di interesse e collettività. [Paolo Ceri]