Slovacchia

Stato attuale dell’Europa centrale.

  1. Dalle origini alla dissoluzione della repubblica cecoslovacca
  2. Il costituirsi della Slovacchia come stato indipendente
  3. La Slovacchia del nuovo millennio
1. Dalle origini alla dissoluzione della repubblica cecoslovacca

Abitata già in epoca paleolitica, fra il V e il I secolo a.C. la Slovacchia fu raggiunta dai celti, e in epoca cristiana conobbe lo stanziamento delle tribù germaniche dei quadi. Fra il V e il VII secolo sul suo territorio si insediarono tribù slave, che dovettero subito fronteggiare le incursioni avare provenienti dalla Pannonia. Fra il 770 e il 906 fece parte dell’impero della Grande Moravia, insieme a Boemia, Moravia, Pannonia, Slesia e Lusazia. Nel corso della seconda metà del IX secolo i fratelli Cirillo e Metodio diffusero nella regione il culto cristiano bizantino. Fu poi sottoposta al dominio ungherese fino al 955, quando passò brevemente sotto il controllo della dinastia ceca dei Premyslidi, ma dall’inizio dell’XI secolo entrò nuovamente a far parte del regno ungherese, alle cui vicende rimase legata fino alla prima guerra mondiale. Dopo l’invasione tartara dell’Ungheria (XIII secolo) sul suo territorio si insediarono numerosi elementi tedeschi, che fondarono città minerarie e importanti centri commerciali e assunsero una posizione preminente a livello economico e politico. Durante la fase di crisi della dinastia magiara degli Arpad (XIII secolo) si costituirono quindi signorie locali, che non sottrassero però, almeno formalmente, la Slovacchia al controllo ungherese. Più stretto fu il controllo magiaro del territorio slovacco nel corso del XIV-XV secolo, che si mantenne anche dopo la conquista turca di gran parte dei territori ungheresi orientali (XVI secolo). Bratislava fu scelta allora come capitale amministrativa di ciò che rimaneva del regno ungherese. Nella seconda metà del XVI secolo, a seguito di una consistente immigrazione di nobili ungheresi, la classe dirigente slovacca fu notevolmente magiarizzata e fu ridimensionato il potere degli elementi di origine tedesca. L’arrivo di metalli preziosi dal nuovo mondo segnò anche per la Slovacchia un periodo di crisi, per il drastico ridimensionamento del prezzo dell’argento estratto dalle sue miniere. Dopo le distruzioni della guerra dei Trent’anni (1618-48) e le migrazioni di massa delle famiglie protestanti, nel XVII secolo il territorio slovacco fu costantemente teatro di lotta fra gli Asburgo e la nobiltà ungherese, prima di passare stabilmente, come l’Ungheria, agli Asburgo (pace di Carlowitz, 1699). Nel XVIII secolo la Slovacchia poté risentire molto marginalmente della politica riformista di Maria Teresa (1740-80) e di Giuseppe II (1780-1790) anche a causa dello strapotere esercitato dalla nobiltà magiara, su posizioni fortemente conservatrici. All’inizio del XIX secolo si sviluppò quindi nel paese una prima forma di coscienza nazionale, dai tratti antiungheresi prima ancora che antiasburgici. In questo quadro si inserì l’appoggio dato dagli slovacchi agli Asburgo nel 1848 durante la sollevazione nazionale ungherese. La creazione della duplice monarchia austro-ungarica (1867), con il mancato riconoscimento dell’identità slovacca (come di quella ceca), segnò tuttavia la definitiva frattura con gli Asburgo. Si trattò di un periodo di grave crisi per il paese che, sottoposto a una politica di dura magiarizzazione in un contesto di grande arretratezza economica, conobbe una fortissima emigrazione, diretta soprattutto negli Stati Uniti. Parallelamente, si ebbe la crescita del nazionalismo slovacco, caratterizzato da una duplice tendenza: quella volta a saldarsi alle analoghe rivendicazioni autonomiste ceche, dal 1907 polarizzate intorno alla figura di T. G. Masaryk, e quella più propriamente legata alla specificità della cultura slovacca. La prima guerra mondiale diede ulteriore impulso al nazionalismo ceco e slovacco e portò alla creazione, per iniziativa di Masaryk e sotto l’egemonia ceca, di un nuovo stato, la repubblica di Cecoslovacchia, riconosciuta il 28 ottobre 1918 (alla quale si rinvia per le vicende comprese fra il 1918 e il 1992).

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2. Il costituirsi della Slovacchia come stato indipendente

L’attuale Slovacchia indipendente sorse il 1° gennaio 1993 dalla suddivisione della Cecoslovacchia e dal distacco dalla repubblica ceca. Alla guida della nuova repubblica si pose il primo ministro Vladimir Meciar. Il 15 febbraio 1993 divenne presidente della Slovacchia Michal Kovác. Meciar fu costretto a rassegnare le dimissioni già nel marzo 1994, sotto il peso di una situazione economica deteriorata e dell’emergere di scandali, ma, tornato in quello stesso anno alla guida di una nuova coalizione, adottò una controversa politica autoritaria e nazionalista, che suscitò le vivaci proteste della minoranza ungherese. A causa di ciò, nel 1997 l’Unione Europea pose come condizione per l’adesione della Slovacchia il pieno rispetto delle minoranze etniche. Nel 1998 il partito di Meciar, il Movimento per una Slovacchia democratica (HZDS), fu sconfitto dalla Coalizione Democratica Slovacca e dai partiti ad essa alleati, che formarono un governo con a capo Mihulas Dzurinda, di orientamento europeista, che si impegnò nel risanamento economico del paese e nella lotta contro il crimine organizzato. Nel 1999 il presidente Kovác fu sostituito da Rudolf Schuster, un esponente della minoranza di lingua tedesca.

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3. La Slovacchia del nuovo millennio

Alle politiche del 2002 la coalizione di centrodestra del premier Dzurinda si riconfermò e proseguì nella sua opera di privatizzazione delle vecchie industrie di stato. Nel 2004 la Slovacchia entrò a far parte della NATO e dell’Unione Europea. Nello stesso anno Ivan Gasparovic sostituì Schuster, divenendo il nuovo presidente della repubblica. In un contesto di forte crescita economica, le elezioni parlamentari del 2006 furono vinte da una coalizione guidata da Robert Fico, leader del partito populista Smer, che assunse quindi l’incarico di primo ministro.
All’indomani dell’adozione dell’euro, nel 2009 Gasparovic fu riconfermato alla presidenza e l’anno successivo, alle elezioni parlamentari, si impose una nuova coalizione di centrodestra, guidata da Iveta Radicova, la prima donna slovacca ad assumere l’incarico di premier. In un clima fortemente segnato dalla crisi finanziaria globale, nell’agosto 2010 il parlamento slovacco si rifiutò di finanziare il prestito concesso dall’Unione europea e dal FMI alla Grecia. Alle elezioni anticipate del marzo 2012, la coalizione guidata dall’ex premier Iveta Radicova fu sonoramente sconfitta, mentre si affermò a larga maggioranza lo Smer di Fico, che, una volta al governo, fu costretto a introdurre severe misure di austerità volte a contenere il debito pubblico.

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