Sieyès, Emmanuel Joseph

(Fréjus 1748, † Parigi 1836). Uomo politico francese. Di origini borghesi, seguì la carriera ecclesiastica e nel 1783 fu nominato vicario generale di Chartres. Nel 1788-89 fu uno dei protagonisti del dibattito istituzionale che precedette la convocazione degli Stati generali, schierandosi apertamente dalla parte del Terzo Stato. In questo frangente diede alle stampe il Saggio sui privilegi (1788) e il pamphlet Che cos’è il Terzo Stato? (1789) destinati, soprattutto il secondo, a enorme successo. Rappresentante del Terzo stato agli Stati generali, ebbe un ruolo di primo piano nella fase iniziale della Rivoluzione francese, avviando il processo che portò alla nascita dell’Assemblea costituente e fondando la “Società dell’89”. Esponente del “partito patriota”, contribuì a far votare la riforma amministrativa e soprattutto la costituzione del 1791 (difendendo il principio della distinzione fra cittadini attivi e passivi). Membro della Convenzione, nonostante avesse ormai assunto una posizione moderata, votò a favore della condanna a morte del re. In disparte durante la dittatura giacobina, tornò a svolgere un ruolo di primo piano dopo la caduta di Robespierre, dimostrandosi fautore di una drastica epurazione dei giacobini all’interno, sostenendo una politica estera aggressiva (nel 1795 firmò il trattato dell’Aja, che imponeva all’Olanda una sorta di protettorato francese) e contribuendo all’elaborazione della costituzione dell’anno III (1795). Membro del consiglio dei Cinquecento, ne divenne presidente dopo il colpo di stato del 18 fruttidoro dell’anno V (4 settembre 1797) da lui stesso favorito. Ambasciatore a Berlino (1798), membro del Direttorio dal maggio 1799, fu poi tra gli organizzatori del colpo di stato del 18 brumaio (9 novembre 1799) che instaurò il consolato. Divenne allora, con Roger-Ducos e Napoleone, “console” della repubblica e partecipò alla stesura della costituzione dell’anno VIII che avrebbe però voluto orientare, a differenza di Napoleone, in senso oligarchico mantenendo il principio liberale della divisione dei poteri. Da allora venne progressivamente emarginato dalla politica attiva, anche se Napoleone gli attribuì formalmente grandi onori nominandolo dapprima presidente del Senato, poi conte dell’impero (1809) e pari di Francia durante i Cento giorni. Nel 1815, dopo la definitiva caduta di Napoleone, si rifugiò a Bruxelles e nel 1816 fu condannato come regicida. Ritornò in Francia solo dopo la rivoluzione del luglio 1830.