Sicilie, regno delle Due

Fu fondato nel 1816. Poiché nell’Atto finale del congresso di Vienna (9 giugno 1815) Ferdinando IV di Borbone veniva chiamato “re delle Due Sicilie” e non re di Napoli e di Sicilia, egli, appellandosi a quel trattato, con l’atto dell’8 dicembre 1816 fuse effettivamente i due regni in uno solo, abbandonò il nome di Ferdinando IV re di Napoli e di Ferdinando III re di Sicilia e assunse quello di Ferdinando I, re delle Due Sicilie. In terraferma Ferdinando, per risalire sul suo trono dopo la sconfitta e la fuga di Murat, aveva dovuto firmare con i rappresentanti delle potenze vincitrici una convenzione (20 maggio 1815) con la quale si impegnava a conservare le strutture, i funzionari e gli ufficiali murattiani. In Sicilia la situazione era completamente diversa. Qui egli, nel 1812, era stato costretto dal governatore militare inglese Lord Bentinck a promulgare una costituzione di tipo inglese, la quale fra l’altro lasciava alla nobiltà larghissimi poteri e privilegi. Con la creazione del nuovo regno, la costituzione siciliana fu automaticamente annullata e furono estese all’isola le norme legislative di stampo napoleonico che Ferdinando era stato costretto a conservare in terraferma. Le strutture napoleoniche, per quanto eccellenti in se stesse, cominciarono tuttavia a funzionare malissimo nel nuovo regno, sia al di qua sia al di là dello Stretto. La reazione alle nuove leggi fu particolarmente vivace a Palermo, dove risiedevano le più importanti famiglie nobili dell’isola; in quella città, ma non solo in essa, andò quindi sviluppandosi, anche per mezzo di società segrete, un movimento che mirava alla riconquista della perduta autonomia. L’occasione favorevole parve presentarsi nel 1820, quando Napoli e altre città dell’Italia meridionale insorsero, imponendo a Ferdinando la promulgazione di una costituzione perfettamente simile a quella spagnola dello stesso 1812, che era modellata su quelle francesi dell’epoca giacobina. (La costituzione spagnola del 1812 era stata nel frattempo ripristinata in Spagna dal re Ferdinando VII in conseguenza della rivoluzione scoppiata a Cadice nel gennaio del 1820). I siciliani approfittarono della situazione per riaffermare la propria autonomia e per chiedere il ripristino della loro costituzione. Questo tentativo fu domato dalle truppe spedite nell’isola dal governo napoletano. Ma poi anche questo governo fu abbattuto dagli austriaci (marzo 1821) a cui Ferdinando I si era rivolto, quando si era recato al congresso di Lubiana, chiedendo soccorso e rinnegando la giurata costituzione. Il periodo che va dal 1821 al 1848 (durante il quale si susseguirono sul trono Francesco I e Ferdinando II) fu costellato da frequenti conati rivoluzionari e da altrettanto frequenti e feroci repressioni; la vita culturale ed economica del paese cadde in preda a un profondo degrado. Fra i tentativi insurrezionali più famosi ricordiamo quello capeggiato dai fratelli Attilio ed Emilio Bandiera, ufficiali della marina austriaca guadagnati alla causa mazziniana, i quali furono catturati e fucilati nei pressi di Cosenza. Durante il 1847, mentre altri sovrani italiani realizzavano importanti riforme, Ferdinando II rimase fermo nelle sue posizioni. Ma il 12 gennaio 1848 scoppiò in Sicilia una violenta insurrezione che si estese presto in terraferma. Questa volta Ferdinando II cedette e giunse addirittura a concedere una costituzione ispirata, sia pure con restrizioni, al modello della costituzione francese del 1830. Il suo esempio spinse Leopoldo II di Toscana, Carlo Alberto di Sardegna e papa Pio IX a scendere a simili concessioni. Quando poi ebbero luogo le cinque giornate di Milano (18-22 marzo 1848) e l’esercito piemontese intervenne in Lombardia, l’opinione pubblica insorse anche nell’Italia meridionale, così come in Toscana e nello stato pontificio, per ottenere l’invio di truppe in aiuto dei piemontesi. In un primo tempo Ferdinando II cedette, ma quando Pio IX, con la sua celebre allocuzione del 29 aprile, si mise in disparte, anche Ferdinando II richiamò i reparti che già erano partiti (alcuni di essi, tuttavia, al comando del generale Guglielmo Pepe disobbedirono e varcarono il Po). Poiché intanto nel paese si erano levate proteste a causa del carattere troppo conservatore della costituzione, Ferdinando II questa volta, invece di cedere, sospese la costituzione stessa e mandò in prigione o costrinse alla fuga all’estero i fautori di quelle manifestazioni. La costituzione venne poi del tutto abolita nel 1849 e Ferdinando II riprese la sua precedente politica reazionaria. Particolarmente aspra fu la sua reazione in Sicilia dove, fin dall’aprile 1848, era di nuovo scoppiata un’insurrezione separatista, i cui promotori si prefiggevano addirittura di offrire la corona del loro regno al duca di Genova, figlio secondogenito di Carlo Alberto. Nell’ottobre di quell’anno il re fece duramente bombardare Messina (per questa ragione venne soprannominato “re bomba”) e nei mesi successivi riuscì a riprendere il controllo dell’isola. Tutto ciò indusse molti liberali (sia isolani, sia di terraferma), gran parte dei quali erano riusciti a fuggire all’estero e a confluire in parte a Torino e in parte a Genova, a schierarsi in favore della causa unitaria nazionale sotto casa Savoia. Questi emigrati meridionali (fallito nel 1857 un tentativo insurrezionale di stampo mazziniano guidato da Carlo Pisacane) collaborarono con entusiasmo alla preparazione della spedizione dei Mille e apportarono un contributo di rilievo all’impresa di Garibaldi. Grazie a questa, nel 1860 tutta l’Italia meridionale e la stessa Sicilia poterono essere liberate (la concessione di una costituzione da parte di Francesco II, salito al trono nel 1859, giunse troppo tardi e non ottenne alcun risultato). Il 21 ottobre si svolse un plebiscito con il quale le popolazioni del regno delle Due Sicilie votarono a favore dell’“Italia una e indivisibile, con Vittorio Emanuele re costituzionale”. Il 13 febbraio 1861 si arrendeva infine la fortezza di Capua, ultimo baluardo della resistenza borbonica. Nel frattempo cominciò a svilupparsi il fenomeno del brigantaggio, che fu poi represso con interventi militari molto pesanti e prolungati. [Narciso Nada]