Sicilia

Regione autonoma della repubblica italiana. Già abitata da sicani e siculi, nell’VIII secolo a.C. fu colonizzata dai greci, che fondarono Siracusa, Catania e Agrigento, e nel VI secolo, nella parte occidentale, dai cartaginesi, fondatori di Panormo (Palermo). Della civiltà greca ereditò, oltre all’arte e alla cultura, l’assetto politico fondamentalmente cittadino e le lotte tra l’aristocrazia e il popolo, che spesso portarono alla formazione di governi tirannici. Dopo secoli di guerre tra città greche e cartaginesi, nelle quali ebbe un ruolo centrale Siracusa, la Sicilia fu sottomessa da Roma nella prima guerra punica (264-41 a.C.) e, nonostante le rivolte antiromane nella seconda guerra punica (218-201), ne divenne provincia tributaria. Con la crisi dell’impero romano cadde sotto i vandali (440 d.C.), poi sotto il dominio di Odoacre (476), degli ostrogoti (493) e dei bizantini (spedizione di Belisario del 535), che la governarono per tre secoli, fino alla conquista araba (827-902). L’isola fu poi conquistata da Ruggero d’Altavilla nel 1091 e divenne regno normanno nel 1139, con Ruggero II. Successivamente, col matrimonio tra Costanza d’Altavilla ed Enrico VI (1186), passò sotto la dominazione sveva e con Federico II (1197-50) conobbe un’epoca di espansione economica e di grande fioritura culturale e artistica. Dopo la battaglia di Benevento (1266), la popolazione siciliana cadde sotto il pesante dominio angioino, ma si ribellò con l’insurrezione dei Vespri (1282) e chiamò in proprio soccorso la dinastia aragonese, il cui regno, detto di Trinacria, fu riconosciuto nella pace di Caltabellotta (1302). Quando l’isola fu annessa direttamente alla Spagna (1504), il malgoverno ne provocò la progressiva decadenza e a nulla valsero le frequenti ribellioni antispagnole, sempre represse. Nel XVIII secolo la Sicilia passò dapprima ai Savoia (trattato di Rastadt, 1714), poi all’Austria (1718), infine sotto i Borbone (1738), che regnarono ininterrottamente fino alla spedizione garibaldina dei Mille (1860). Quando, nel 1816, con l’istituzione del regno delle Due Sicilie all’indomani del congresso di Vienna (1814-15), l’isola fu subordinata al governo napoletano, si sviluppò un movimento separatista, che insorse, senza esito, nel 1820 e nel 1848-49. Nel 1860 fu proprio una rivolta antiborbonica siciliana a sollecitare il decisivo intervento di Garibaldi. L’annessione al regno sabaudo (1860) e all’Italia (1861) non arrecò i vantaggi sperati dalla popolazione, che diede vita a fenomeni di brigantaggio e alla rivolta di Palermo del 1866. La crisi agricola e la guerra commerciale con la Francia (1887) penalizzarono l’economia dell’isola, provocando un vasto fenomeno emigratorio, ma anche la ribellione dei fasci siciliani (1892-94), duramente repressi da Crispi. Sia dopo la prima, sia dopo la seconda guerra mondiale ci furono occupazioni di terre, talvolta represse dalla mafia (Portella della Ginestra, 1947), ma solo la riforma degasperiana del 1950 ridistribuì le terre dei latifondi, creando una proprietà contadina spesso troppo parcellizzata per le esigenze della modernizzazione agricola. Nel 1948 la repubblica italiana concesse alla Sicilia l’autonomia a Statuto speciale. L’economia dell’isola è ancora prevalentemente agricola, nonostante gli sforzi di industrializzazione della Cassa per il Mezzogiorno e dell’industria pubblica, che si sono concentrati prevalentemente nell’area compresa tra Catania e Siracusa e nel settore petrolchimico (impianti ENI di Gela). Grave problema dell’isola è la presenza di una potente criminalità organizzata, la mafia, contro la quale solo negli anni Ottanta e Novanta lo stato riuscì a ottenere importanti successi, nel corso di una lotta in cui persero la vita numerosi uomini politici (La Torre, 1982), magistrati (Falcone e Borsellino, 1992), militari e forze dell’ordine (Dalla Chiesa, 1982).