Sardegna

Regione autonoma della repubblica italiana. Caratterizzata nel secondo millennio a.C. dalla civiltà nuragica, all’inizio del primo millennio fu colonizzata dai fenici, che fondarono numerose città costiere, tra cui Caralis (Cagliari, VIII secolo a.C.). Alle colonie fenicie si aggiunsero, nel VI secolo a.C., quelle greche, come Olbia, ma nel 535 a.C. l’isola fu conquistata, almeno nelle zone costiere, dai cartaginesi, alleati con gli etruschi. La conquista dell’interno, che portò alla formazione di una civiltà sardo-punica, fu lenta e faticosa. Nel corso della prima guerra punica, la Sardegna passò sotto la dominazione romana (238 a.C.), che fu contrastata, come in precedenza quella cartaginese, da numerose insurrezioni delle popolazioni locali. Quando l’impero romano d’Occidente entrò in crisi, l’isola fu conquistata dai vandali di Genserico (455 d.C.), ma nel 534 tornò sotto il controllo bizantino. Troppo lontana per essere dominata efficacemente, la Sardegna si rese autonoma con la formazione dei quattro “giudicati” di Cagliari, Arborea, Gallura e Logudoro (IX secolo). Le frequenti incursioni saracene (X secolo) provocarono l’intervento nell’isola delle flotte pisana e genovese (1015-16), che posero la Sardegna nell’area di influenza commerciale e politica delle due repubbliche marinare. Nel 1297 iniziò la penetrazione aragonese, molto contrastata dalla popolazione locale e dalle preesistenti strutture politiche, che fu completata solo nel 1409 con la battaglia di Sanluri. Il dominio spagnolo, durante il quale l’isola conobbe una grave decadenza economica, durò fino alla guerra di successione spagnola, che sanzionò il suo passaggio agli Asburgo d’Austria (1714). Nel 1718 un accordo internazionale sancì lo scambio tra i Savoia e gli Asburgo della Sicilia con la Sardegna, che divenne pertanto territorio sabaudo (1720), governato, fino al 1848, da un viceré. Nonostante le riforme sabaude, che nel 1835 abolirono il feudalesimo, le condizioni economiche della Sardegna non ebbero un sostanziale miglioramento; anzi, dopo l’unificazione nazionale (1861) peggiorarono per l’aumentato carico fiscale. Si ebbero, così, fenomeni di diffuso banditismo, rivolte sociali (1906), esodi migratori e richieste di autonomia politica (nel 1919 E. Lussu fondò il Partito sardo d’azione). L’integrazione della tradizionale economia agricolo-pastorale con l’attività mineraria (oggi in profonda crisi), l’industrializzazione (soprattutto nel settore petrolchimico) e il turismo introdussero, nel secondo dopoguerra, elementi di novità, ma anche di squilibrio in un’economia tuttora sostanzialmente depressa. Nel 1948 la repubblica italiana concesse alla Sardegna l’autonomia a Statuto speciale.