Sallustio

(Amiternum 86, † Roma 35 a.C.). Storico romano. Appartenente a una ricca famiglia dell’aristocrazia municipale, si trasferì da giovane a Roma. Tribuno della plebe nel 52, appoggiò Cesare e scrisse l’Invectiva in Ciceronem (ma secondo alcuni critici l’opera è spuria). Per il suo atteggiamento politico nel 50 fu espulso dal senato con l’accusa di immoralità, per poi essere reintegrato nella carica l’anno successivo grazie all’intervento di Cesare, che lo fece anche nominare questore. Fra il 50 e il 48 scrisse la coppia di Epistulae ad Caesarem senem (ma anche in questo caso l’attribuzione è dubbia), espressione politica del pensiero dei cesariani. Dopo le sfortunate missioni militari in Illiria e in Campania durante le quali, al comando di una legione, subì gravi sconfitte, nel 47 fu eletto pretore e nel 46 ottenne il proconsolato della Numidia, dove rimase due anni come governatore. Al ritorno a Roma, nel 44, fu accusato di essersi arricchito illecitamente durante la sua permanenza in Africa. Dopo la morte di Cesare si dedicò agli studi storici. Intorno al 43 scrisse il De coniuratione Catilinae (o Bellum Catilinarium), in cui poneva la congiura di Catilina del 62 alle origini della crisi della repubblica e della decadenza politica e morale di Roma. Il Bellum Iugurthinum, scritto intorno al 40, è di nuovo un’opera di carattere monografico che prende in esame la guerra giugurtina (111-105), sottolineando le deficienze della politica estera romana del periodo e la corruzione della classe senatoria. Le Historiae, in cinque libri – di cui ci sono giunti alcuni discorsi, lettere e frammenti – costituiscono probabilmente la continuazione dell’opera di Sisenna ed esaminano in forma annalistica il periodo compreso fra la morte di Silla (78) e il 67. Anche in questo caso al centro dell’indagine sono le cause della crisi della repubblica. Il modello a cui Sallustio fa riferimento è quello della storiografia politica di Tucidide. La sua ricostruzione è talora carente per errori cronologici e inesattezze di carattere geografico, ma forte è il “moralismo” dell’autore (sebbene gli antichi gli abbiano rimproverato scarsa coerenza) a cui è sottesa un’interpretazione della storia e del destino di Roma che trae spunto dall’opera di Posidonio. Talora la sua analisi pecca inoltre di una certa tendenziosità, dovuta proprio al forte impegno politico. Convinto che l’individuo sia il motore della storia, Sallustio mostra notevoli capacità di approfondimento psicologico e sociale, in particolare nella polemica contro la decadenza della nobilitas e delle istituzioni, considerate con atteggiamento sempre più pessimistico. La sua teoria della decadenza individua nell’avidità di potere e di ricchezza le vere cause della crisi della virtus romana.