Rousseau, Jean-Jacques

(Ginevra 1712, † Ermenonville 1778). Filosofo e scrittore politico svizzero. Fu una delle personalità più multiformi e complesse dell’Illuminismo europeo. Dopo una giovinezza segnata dallo sradicamento, dalla ricerca inquieta di una stabilità esistenziale, affettiva e religiosa, tentò, a partire dalla metà degli anni Quaranta, di affermarsi negli ambienti filosofici di Parigi, prima come compositore e musicologo, poi come scrittore. Il successo giunse improvviso con la vittoria al concorso bandito dall’Accademia di Digione con il Discorso sulle scienze e le arti (1750), nel quale il progresso delle arti e delle scienze viene considerato dannoso alla vita morale e alla virtù dell’uomo. Queste posizioni misero Rousseau in contrasto con gli ambienti dell’Encyclopédie con i quali aveva collaborato sino ad allora e dai quali era stato sostenuto. Cinque anni più tardi, riprese gli stessi temi nel Discorso sull’origine dell’ineguaglianza (1755), approfondendone la portata speculativa e radicalizzando in particolare la nozione di stato di natura, in polemica con la tradizione del giusnaturalismo. Da allora, lo stato di natura acquistò una posizione centrale nella sua riflessione politica. Per stato di natura Rousseau intendeva una ipotetica condizione originaria dell’uomo, prima cioè che siano attive le sue qualità costitutive, la libertà e la perfettibilità. Proprio perché ipotetico e non storico, lo stato di natura costituisce il punto di partenza della critica rousseauiana alle disuguaglianze della società formatasi storicamente sulla base di un contratto ingiusto e contraddistinto nella sua evoluzione moderna dal dominio del denaro e dall’ostentazione del lusso. La sua proposta di rinnovamento politico fu sviluppata nell’opera posteriore, Il contratto sociale (1762). La novità della prospettiva aperta da Rousseau è costituita dall’idea di fondare un corpo politico proiettato alla realizzazione del bene comune attraverso un patto voluto dai membri della società: ogni singolo rinuncia alla sua libertà naturale e lo stato così costituito può esprimere una volontà generale nella quale ciascuno ritrova la sua libertà. Ogni membro della nuova formazione politica partecipa quindi della volontà generale; obbedisce ai magistrati, che però possono essere revocati ogni momento dalla volontà generale. Per queste tesi Rousseau occupa un posto fondamentale, sebbene assai controverso, nella storia delle riflessioni sulla democrazia. Contemporaneamente al Contratto sociale Rousseau scrisse due opere di grande risonanza, Giulia o la nuova Eloisa (1761) e l’Emilio (1762). In esse delineò in forma narrativa un quadro della vita naturale e moralmente pura da perseguire nelle condizioni corrotte del mondo moderno, dove si è persa la trasparenza reciproca tra gli animi. Nella quarta parte dell’Emilio, Rousseau espose poi la sua concezione della religione come luce interiore. Importanti, infine, sono le Considerazioni sul governo della Polonia (1772), in cui inizia a prendere forma l’idea moderna di nazione. La novità e la radicalità delle teorie politiche di Rousseau non sfuggirono ai contemporanei e ai posteri. In particolare, i suoi principi sulla volontà generale e la democrazia influirono sullo svolgimento della Rivoluzione francese: uno dei più noti esponenti del movimento giacobino, Robespierre, si sentì interprete di Rousseau. Attraverso l’idealismo tedesco (Fichte soprattutto) Rousseau influenzò profondamente Marx e il movimento socialista nell’Ottocento. [Edoardo Tortarolo]