archivio, archivistica

Per archivio si intende il deposito nel quale secondo regole precise vengono conservati e tenuti disponibili alla consultazione tutti quei documenti scritti ai quali per una qualche ragione – politica, intellettuale o religiosa – viene attribuita particolare importanza. Per l’amministrazione e la corretta custodia dei documenti si seguono i principi elaborati dall’archivistica. L’archivio in quanto tale rappresenta perciò per la storiografia moderna una raccolta di fonti indispensabili per ricostruire un’immagine precisa e dettagliata del passato, anche se connaturato all’edificazione di ogni archivio è un processo di selezione e quindi di eliminazione del materiale documentario ritenuto in quel momento indegno di essere tramandato alla posterità, per ragioni sia apparentemente neutrali (legate allo spazio da destinare ai documenti) sia culturali sia politiche (l’eliminazione sistematica e totale da un archivio di documentazione significa ovviamente cancellare la memoria degli avvenimenti cui essa si riferisce). La conservazione dei documenti nell’archivio è comunque complementare alla loro distruzione. I primi archivi risalgono all’età babilonese, quando si iniziò a conservare con ordine le tavolette con caratteri cuneiformi relative agli affari di stato. Nell’antica Grecia furono organizzati archivi di stato destinati agli atti pubblici, come il Metroon di Atene. Nell’età ellenistica si diffusero più ampiamente gli archivi per conservare atti pubblici. A Roma la funzione di archivio era svolta dal tempio di Saturno, dove erano conservati gli atti del senato e le decisioni politiche essenziali, e dal tabularium, dove si custodiva il catasto. Nell’alto medioevo le corti del potere politico ai vari livelli e le chiese assolsero alle funzioni di archivio. Archivi nel senso moderno iniziarono a formarsi nell’età dei comuni presso i notai, che svolsero un ruolo pubblico di sanzione e di conservazione. Nell’età dell’Umanesimo e del Rinascimento si distinse nettamente tra privato e pubblico. L’archivio pubblico divenne uno strumento organizzativo fondamentale per difendere lo stato nei conflitti con gli stati vicini. Gli archivi vennero allora sviluppati anche dal punto di vista architettonico. Tra il Cinquecento e il Settecento si organizzarono i grandi archivi politici che rispecchiarono il processo di centralizzazione amministrativa in atto: a Simancas in Spagna, a Venezia, a Firenze, a Vienna, a Roma (l’Archivio Segreto Vaticano fu fondato da Paolo V all’interno della Santa Sede come elemento della Controriforma). L’archivio divenne un fattore decisivo della lotta politica nell’età moderna; l’archivista era un funzionario statale impegnato nella lotta politica e l’accesso agli atti era, solo eccezionalmente e sotto stretto controllo, concesso a storici ufficiali. L’importanza politica dell’archivio fu confermata nel corso della Rivoluzione francese: nel 1789 l’Assemblea nazionale deliberò la creazione degli archivi nazionali a Parigi e di archivi locali nelle province. Questa centralizzazione degli archivi promosse lo spostamento a Parigi di gran quantità di materiale documentario, salvandolo dalla distruzione rivoluzionaria, e indusse all’elaborazione di regole di archivistica rigorose attraverso la creazione di una commissione per gli archivi (dal 1794), divenuta poi commissione dei monumenti storici (dal 1801). Nell’Ottocento la storiografia di taglio politico nazionale privilegiò l’uso degli archivi centrali, che divennero quindi i luoghi principali della memoria storica. L’allargamento dell’interesse storico al di là della dimensione strettamente politica favorì nel XX secolo il recupero dell’importanza degli archivi locali. La storia della vita quotidiana, delle mentalità, delle forme di vita economica e culturale trovò così negli archivi parrocchiali, comunali, delle istituzioni caritative, delle famiglie nobili le fonti necessarie a una storia della società. A partire dagli ultimi decenni del Novecento le questioni legate alla gestione e alla conservazione degli archivi sono andate incontro a un significativo processo di ripensamento, soprattutto in relazione all’introduzione delle nuove tecnologie informatiche e telematiche, grazie alle quali si è verificata una vera e propria rivoluzione non solo per quanto riguarda la catalogazione, ma anche per quanto riguarda la consistenza stessa degli archivi. A tale proposito altamente dibattuta risulta l’opportunità o meno di promuovere la conservazione dei documenti attraverso i nuovi supporti digitali: questi ultimi, infatti, se da un lato consentono un grande risparmio di spazio e una maggiore accessibilità, pongono dall’altro una notevole serie di dubbi relativi alla loro futura consultabilità e conservabilità. La conservazione e l’organizzazione degli archivi sono compito dello stato, che ne garantisce il funzionamento e l’accesso secondo regole fissate per legge. In Italia spetta in particolare alla Direzione generale degli archivi, che è alle dipendenze del Ministero per i beni e le attività culturali, la gestione, direzione e tutela degli archivi pubblici, che sono amministrativamente suddivisi in 103 Archivi di Stato (con sede in ciascun capoluogo di provincia), 35 Sezioni di Archivio di Stato e 19 Soprintendenze archivistiche. [Edoardo Tortarolo]