rivoluzione/controrivoluzione

Il termine “rivoluzione” deriva dal lessico astronomico-scientifico. Nell’età moderna e contemporanea la rivoluzione indica un rivolgimento radicale e strutturale, rapido (anche se non improvviso) o lento, di un regime politico e/o di un assetto socioeconomico epocale. La rivoluzione non è mai un fatto isolato (come una rivolta o un colpo di stato), anche se emblematizzato a posteriori in eventi spettacolari e unici, ma un complesso di avvenimenti. Le rivoluzioni per eccellenza della modernità furono le rivoluzioni inglesi del Seicento, la rivoluzione americana nel Settecento e, infine, la rivoluzione per antonomasia, la “grande” Rivoluzione francese del 1789, che pose fine all’antico regime. Dopo le rivoluzioni democratiche del 1848, la più importante rivoluzione del nostro tempo è stata la rivoluzione d’ottobre, o sovietica, del 1917 alla quale seguì, nel secondo dopoguerra, quella cinese. Della rivoluzione si possono dare diversi modelli: accanto alla rivoluzione politica vi è quella sociale, l’economica, la nazionale. La rivoluzione può esser intesa anche più latamente, e in senso ideale, come rivoluzione scientifico-tecnologica, culturale, religiosa, morale, ecc. La rivoluzione industriale rappresenta il modello tipico di una rivoluzione che si sviluppa attraverso un processo di lungo periodo prima di compiersi interamente. Quanto alle modalità, una rivoluzione può esser attiva, passiva, violenta o non violenta e così via. Sul piano politico, accanto alla rivoluzione borghese (liberale e democratica) occorre ricordare quella proletaria (socialista e comunista) e quella libertaria. Dopo la Rivoluzione francese, un importante indirizzo di pensiero e di azione politica fu aperto nel nome della “controrivoluzione”, ossia non solo della mera reazione all’evento rivoluzionario in vista di una restaurazione, ma per la riproposizione di un modello irrazionalista e tradizionalista negatore delle premesse razionaliste e giusnaturaliste ritenute causa lontana della rivoluzione. Tale orientamento è all’origine degli sviluppi ideologici di lungo periodo che hanno infine condotto nel primo Novecento alle “rivoluzioni di destra”, ovvero al fascismo, al nazismo e alle varie ipotesi di “rivoluzione conservatrice”. Tuttavia, la “controrivoluzione”, in quanto tentativo di arrestare e “normalizzare” i mutamenti profondi introdotti dalla rivoluzione, è un momento presente anche all’interno degli stessi gruppi dirigenti rivoluzionari, in particolare presso i nuclei più moderati interessati a evitare gli esiti estremistici che ogni rivoluzione porta con sé.