revisionismo

Il termine viene impiegato in vari contesti con significati affini. Esso fu introdotto nell’ambito del marxismo alla fine dell’Ottocento, per indicare un riesame critico delle idee di Marx circa lo sviluppo del capitalismo e la transizione al socialismo. All’origine del revisionismo fu la pubblicazione del libro di E. Bernstein I presupposti del socialismo e i compiti della socialdemocrazia (1899), che, analizzando le più recenti tendenze dello sviluppo economico e sociale, metteva in dubbio l’inevitabilità del crollo del capitalismo, la necessaria polarizzazione sociale tra borghesia e proletariato e la teoria della proletarizzazione dei ceti medi; criticava il ruolo centrale dei concetti di lotta di classe e dittatura del proletariato; rifiutava la rivoluzione violenta, accettando invece la democrazia parlamentare e il riformismo come mezzi per la transizione pacifica al socialismo; ed esprimeva un giudizio positivo sui concetti di stato e nazione. Le tesi di Bernstein suscitarono in seno alla socialdemocrazia tedesca un aspro dibattito, culminato al congresso di Dresda (1903) con l’apparente sconfitta del revisionismo a opera del “centro” guidato da Kautsky e dell’ortodossia da questi rappresentata. In realtà ciò non mutò la prassi riformistica da tempo radicatasi nel partito, e non poté arrestare la crescente influenza del revisionismo, e del riformismo in genere, nella Seconda Internazionale. La forza del revisionismo si dovette in buona parte all’assenza di una teoria omogenea, che permise ai suoi esponenti di perseverare nel “praticismo” riformista disinteressandosi dei dibattiti teorici; ma ciò si rivelò un grave handicap quando, dopo la prima guerra mondiale, i socialisti, tedeschi e di altri paesi, dovettero affrontare direttamente compiti di governo. Solo gradualmente, a partire dagli anni Venti, si sono sviluppati in seno al socialismo riformista dibattiti teorici che, nei loro molteplici sviluppi, hanno costituito una legittimazione a posteriori del revisionismo. In politica estera il termine indica la richiesta di revisione dei trattati internazionali da parte di un paese che si ritiene da questi danneggiato dal punto di vista territoriale, politico o economico. Un caso tipico è il revisionismo avanzato dall’Italia fascista, dalla Germania nazista e dal Giappone tra le due guerre mondiali. In ambito storiografico il termine indica anche l’atteggiamento di chi sostiene la necessità di correggere opinioni o tesi storiografiche ritenute correnti o dominanti, sulla base o di nuove acquisizioni documentarie o, semplicemente, di un diverso orientamento politico e/o culturale. In tempi recenti va ricordato il revisionismo propugnato in sede storiografica da studiosi (E. Nolte, R. De Felice, ecc.) fautori di una “revisione” delle interpretazioni tradizionali del nazismo e del fascismo. Revisionisti estremi hanno contestato l’esistenza stessa dell’“Olocausto” (negazionismo).