religione, guerre di

Conflitto politico, civile e religioso che sconvolse per quasi un quarantennio la società francese, indebolendone le istituzioni politiche e l’economia. Conseguenza della frattura prodotta dalla Riforma protestante, le guerre di religione ebbero in Francia una natura particolarmente violenta, legandosi anche a motivazioni politiche e sociali. Il calvinismo, diffuso soprattutto nella Francia sud-occidentale, aveva trovato consensi prevalentemente nei ceti popolari (operai, artigiani, piccola borghesia), ma riuscì a penetrare anche in frange della grande nobiltà. Gli ugonotti, così erano chiamati in Francia i calvinisti, annoveravano tra i propri aderenti i potenti principi di Borbone, titolari della corona di Navarra e parenti della famiglia reale, e la famiglia Chatillon-Coligny. I cattolici erano guidati dai Guisa, anch’essi imparentati con la famiglia reale e molto influenti a corte, che premevano per un’intransigente politica di restaurazione cattolica. La famiglia reale, che con Enrico II aveva avviato la persecuzione degli ugonotti, stava attraversando un periodo di grave difficoltà: Enrico II era morto nel 1559 in un tragico incidente e l’anno dopo era scomparso anche il successore Francesco II, cosicché la corona di Francia era toccata a Carlo IX, che aveva nove anni quando salì al trono nel 1560. La reggente, Caterina de’ Medici, aveva cercato vanamente di alleggerire le tensioni tra le diverse confessioni: nel 1562 i cattolici, reagendo a un editto di tolleranza emanato dalla reggente, massacrarono un gruppo di calvinisti a Vassy, in Normandia, dando inizio alle “guerre di religione” vere e proprie. Caterina continuò per anni a cercare di calmare le opposte fazioni e nel 1570, con l’editto di Saint-Germain, concesse agli ugonotti libertà di culto e il possesso di quattro piazzeforti, la più importante delle quali era la fortezza di La Rochelle sull’Atlantico. I cattolici osteggiarono l’editto che, con le concessioni militari, rischiava di far nascere uno “stato nello stato”. Erano preoccupati inoltre della crescente influenza a corte dell’ugonotto Gaspard de Coligny che, divenuto consigliere del re (ormai maggiorenne), cercò di indurre Carlo IX ad appoggiare i calvinisti dei Paesi Bassi in rivolta contro la Spagna del cattolicissimo Filippo II. Da questa serie di preoccupazioni nacque l’idea, nel partito dei Guisa, di stroncare una volta per tutte la fazione ugonotta. Sembra che Caterina de’ Medici, preoccupata per l’influenza del Coligny su Carlo IX, abbia partecipato alla preparazione del complotto anticalvinista. L’occasione si presentò nel 1572, quando l’élite ugonotta dell’intero paese si riunì a Parigi per celebrare il matrimonio tra Enrico di Borbone e Margherita di Valois, sorella di Carlo IX. Il matrimonio avrebbe, tra l’altro, aumentato l’influenza a corte degli ugonotti. La notte tra il 23 e il 24 agosto (San Bartolomeo) la popolazione parigina, aizzata dai Guisa, massacrò migliaia di seguaci della religione riformata, convenuti da tutta la Francia. Il capo ugonotto Gaspard de Coligny morì; Enrico di Borbone si salvò solo rinnegando la propria fede. In pochi giorni il numero delle vittime salì a trentamila. L’effetto della strage di San Bartolomeo non fu il crollo del partito ugonotto, ma l’intensificazione della lotta. Sotto il regno del nuovo sovrano Enrico III (1574-89), favorevole alla lega cattolica, nacque il partito dei politiques (di cui fecero parte Jean Bodin e Michel de l’Hôpital), cattolici convinti che per il bene superiore dello stato fosse necessario raggiungere un compromesso con i calvinisti. Nonostante la statura intellettuale di alcuni esponenti, i politiques non riuscirono a incidere sul corso degli eventi, i quali precipitarono quando, alla morte (1584) dell’ultimo fratello (Ercole Francesco, duca d’Angiò) del re che non aveva eredi diretti, l’erede al trono divenne l’ugonotto Enrico di Borbone (il futuro Enrico IV). I Guisa cercarono l’appoggio finanziario e armato del re di Spagna Filippo II per scongiurare un simile pericolo. Ne scaturì la “guerra dei tre Enrichi”: Enrico III fece assassinare Enrico di Guisa (dicembre 1588), il cui legame con le potenze straniere era troppo pericoloso; fu a sua volta ucciso dal monaco domenicano Jacques Clément (1° agosto 1589), che vendicò così la morte del capo della lega cattolica. Rimase il terzo Enrico (di Borbone, già re di Navarra dal 1572), cui il morente Enrico III aveva assegnato il regno a condizione che si convertisse al cattolicesimo. Il nuovo re, l’ugonotto Enrico IV (1589), per entrare a Parigi dovette affrontare le truppe spagnole, che sconfisse in molteplici battaglie, e per farsi accettare dal popolo francese, in larga maggioranza cattolico, nel 1593 decise di convertirsi (“Parigi val bene una messa”). Il suo ingresso trionfale a Parigi (1594) e i successivi successi contro gli spagnoli posero fine alle guerre civili e di religione. Nel 1595 Enrico IV ottenne il perdono e il riconoscimento del papa Clemente VIII. Il 2 maggio 1598 gli spagnoli firmarono il trattato di Vervins, che confermò i confini stabiliti dalla pace di Cateau-Cambrésis. Nell’aprile dello stesso anno Enrico IV pose le basi per la convivenza tra le confessioni con l’editto di Nantes: gli ugonotti ottennero libertà di culto e uguaglianza di diritti civili; a garanzia fu confermato il presidio ugonotto di fortezze (il cui numero fu aumentato a un centinaio) nel territorio dello stato.