Rattazzi, Urbano

(Alessandria 1808, † Frosinone 1873). Uomo politico italiano. Nel 1848 fu deputato del parlamento subalpino e ministro in alcuni esecutivi (Casati, Gioberti). Favorevole all’annessione della Lombardia, cui intendeva lasciare una Consulta autonoma, nel 1849 fu ministro degli Interni nel breve governo che riprese la guerra con l’Austria (20 marzo), terminata con l’immediata sconfitta di Novara (23 marzo). Nel 1850 fu tra i sostenitori della legge Siccardi per la laicizzazione dello stato e la riduzione dei privilegi del clero. Nel 1851, in occasione della battaglia parlamentare per la difesa della libertà di stampa, si avvicinò a Cavour, con cui realizzò un’alleanza tra centrodestra e centrosinistra. Tale alleanza, nota come il “connubio”, isolò l’estrema destra e l’estrema sinistra e consentì a Cavour di salire al potere con un’ampia base parlamentare nel 1852. Più volte ministro nell’età cavouriana, nel 1855 propose la legge (“legge Rattazzi”) di soppressione degli ordini religiosi contemplativi (cioè non dediti ad attività socialmente utili come l’istruzione e l’assistenza) che provocò la crisi Calabiana. Fu costretto alle dimissioni nel 1858, dopo una vittoria della destra alle elezioni (1857). Nuovamente al governo con La Marmora nel 1859, si adoperò per favorire l’annessione di Toscana e Romagna al Piemonte. Nel 1862, divenuto capo del governo italiano, lasciò ampia libertà di manovra a Garibaldi che operava per la conquista di Venezia e Roma. Per questo suscitò le proteste di Napoleone III e, nonostante avesse fermato Garibaldi prima a Sarnico (15 maggio) e poi sull’Aspromonte (29 agosto), fu costretto a dimettersi. Guidò un altro esecutivo nel 1867 e ancora una volta, nonostante l’arresto di Garibaldi a Sinalunga (24 settembre), fu costretto a rassegnare le dimissioni per aver lasciato libertà di manovra ai volontari che con Garibaldi tentarono di entrare a Roma.