rame, età del

Per quanto riguarda la preistoria europea, con il termine “età del rame” si intende quel periodo che, attraverso tutto il III millennio a.C., caratterizza fenomeni del tutto nuovi, come la comparsa dei primi manufatti d’uso in metallo (rame) quali asce, pugnali e spilloni, il megalitismo e le grandi necropoli di inumati in cui è percettibile una chiara differenziazione sociale. In Italia il termine viene tuttora spesso sostituito con quello di “eneolitico” o, più recentemente, di “calcolitico”. Il termine eneolitico è stato largamente impiegato, in particolare fra l’inizio del Novecento e gli anni Sessanta, per indicare questo stadio culturale, durante il quale in gran parte della penisola fanno la loro comparsa vasti cimiteri di inumati, il cui corredo è spesso composto, oltre che di armi in rame, di pugnali e punte di freccia in selce ottenute con un ritocco particolarmente accurato. Mentre sono poco numerosi i dati che riguardano i complessi insediativi dell’età del rame dell’Italia settentrionale, le culture di questo periodo sono state spesso definite principalmente sulla base di scavi condotti nelle necropoli a inumazione. Il sepolcreto di Remedello Sotto, nel Bresciano, ha infatti dato il nome alla cultura stessa, nota più che altro per la ricercatezza delle armi scheggiate in selce. Lo stesso fatto si è verificato per il sito cimiteriale di Spilamberto, nel Modenese. Menzione particolare merita la necropoli con camere mortuarie parzialmente in legno, rinvenuta al Sasso di Manerba (presso Brescia), lungo la sponda occidentale del Lago di Garda, i cui corredi funerari ricordano in parte quelli di Remedello. Fra i villaggi di quest’età, l’unico parzialmente scavato è quello delle Colombare di Negrar, sui Lessini Veronesi, con abitazioni rettangolari in pietra addossate a spuntoni di roccia. In Italia centrale sono famose le necropoli con tombe a grotticella scavate nella roccia di Rinaldone, in Toscana e nel Lazio settentrionale, e del Gaudo presso Paestum, in Campania. In entrambe queste culture colpisce la presenza di vasi askoidi di ceramica fine con superfici accuratamente lisciate, di punte di freccia in selce, di asce-martello da combattimento in pietra verde e di pugnali e alabarde in rame. La situazione è più complessa e frammentaria in Italia meridionale. In particolare in Puglia sembrano diffondersi le cosiddette ceramiche a squame, che si distribuiscono poi anche in molte stazioni delle regioni più settentrionali della penisola. Gli ultimissimi secoli del III millennio vedono la comparsa di un aspetto culturale la cui diffusione abbraccia buona parte dell’Europa: quello del vaso campaniforme. La cronologia di questa cultura è stata ben definita principalmente grazie alla ricerche condotte nel sito pedealpino di Monte Covolo, presso Villanuova sul Clisi, nel Bresciano. Nella stratigrafia di questa stazione, l’orizzonte campaniforme si trova interposto fra un livello dell’antica età del rame e uno strato dell’età del bronzo antica, con caratteristici manufatti della cultura di Polada. Il fenomeno campaniforme, la cui origine è attualmente ricercata dagli specialisti nell’Europa centrale, e la cui diffusione riguarda l’Italia intera, isole comprese, è caratterizzato dalla distribuzione di un recipiente di ceramica fine, dalla forma a campana rovesciata, talvolta ansato e spesso decorato con motivi a bande decorate con tecnica a cordicella, a pettine o a impressione. Nelle inumazioni, dove il defunto è deposto rannicchiato, si ritrovano spesso altri oggetti tipici, quali i bottoni con perforazione a “V”, i brassards, o bracciali da arciere in pietra levigata, e i pugnaletti in rame. [Paolo Biagi]