questione d’Oriente

Con l’espressione “questione d’Oriente” si fa riferimento all’insieme dei problemi sollevati, tra la fine del XVIII secolo e gli inizi del XX, dalla crisi dell’impero ottomano in relazione al dominio da esso esercitato nell’Europa orientale. La questione emerse in particolar modo dopo le guerre russo-turche tra il 1768 e il 1792. Già allora la Russia e l’Austria iniziarono a elaborare piani di spartizione dell’impero cui si oppose in particolare la Gran Bretagna, timorosa delle ambizioni russe sul Mediterraneo. Sottoposto all’assalto sia napoleonico sia russo tra la fine Settecento e i primi decenni dell’Ottocento, l’impero ottomano si trovò in seguito a dover fronteggiare, a partire dalla guerra di liberazione della Grecia (1821-29), i movimenti nazionalistici e le lotte da essi condotte nei Balcani. La questione divenne via via più grave in seguito alle ambizioni imperialistiche delle grandi potenze europee, i cui contrasti di interesse però le portarono nel 1840 a garantire l’integrità dell’impero ottomano. Se non che la guerra russo-turca del 1877-78 indebolì gravemente l’impero, che apparve allora definitivamente come “il malato d’Europa”. Al congresso di Berlino del 1878 le grandi potenze frenarono la spinta espansionista russa, ma ciò non valse a fermare la disgregazione dell’impero, sottoposto all’aggressività dei nuovi stati balcanici e dell’Austria-Ungheria. L’annessione della Bosnia-Erzegovina all’impero asburgico nel 1908, la guerra italo-turca del 1911-12 e le guerre balcaniche del 1912-13 diedero un grave colpo all’impero, che subì perdite assai consistenti. Infine la sconfitta della Turchia, alleatasi con le potenze centrali, nella prima guerra mondiale portò alla disgregazione finale dell’impero ottomano e a una radicale ristrutturazione politica dei territori da esso precedentemente dominati.