quaternario

Il termine “quaternario”, utilizzato per indicare l’ultima era geologica, risale alla prima metà del secolo scorso. Fu introdotto per indicare i depositi continentali con faune a mammiferi estinti (allora chiamati Diluvium) e alcune formazioni marine ritenute coeve. È sinonimo di era neozoica (cioè dei nuovi esseri viventi, in quanto flora e fauna sono simili a quelle attuali) e di era antropozoica (caratterizzata dalla comparsa dell’uomo). In quanto vede la diffusione dell’uomo sulla terra e lo sviluppo della cultura, il suo studio riveste un grande interesse per la conoscenza della preistoria, sia per quanto riguarda la collocazione cronologica degli eventi antropici, sia per quanto riguarda la ricostruzione dell’ambiente naturale col quale l’uomo ha dovuto misurarsi. Secondo le convenzioni adottate internazionalmente, l’inizio del quaternario viene fatto coincidere col deterioramento climatico registrato attorno a 1,8 milioni di anni dal presente dalle faune marine del mare Mediterraneo, anche se alcuni studiosi avevano suggerito scelte differenti. Il quaternario viene suddiviso in due periodi, pleistocene (= il più recente) e olocene (= del tutto recente). Il limite tra i due periodi, che tradizionalmente era riferito alla fine del tardiglaciale würmiano (10.200-9900 anni dal presente), è stato fissato convenzionalmente attorno a 11.700 anni, al limite tra le zone polliniche Dryas II e Allerïd, che in Europa è marcato da una grande trasformazione dell’ambiente. La cronologia del quaternario si fonda su vari fenomeni fisici e biologici. Il glacialismo ha interessato le terre emerse dell’emisfero settentrionale, e viene studiato sia nelle regioni settentrionali sia nelle aree montuose, dove sono presenti depositi morenici e fluvioglaciali, e morfologie glaciali: nel quaternario si succedono glaciali (età nelle quali si sono formate delle calotte glaciali sulle aree settentrionali, come la Scandinavia, e i ghiacciai montani sono scesi molto più in basso delle sedi attuali) e interglaciali (età nelle quali il glacialismo aveva all’incirca l’attuale sviluppo). L’accumulo di ghiaccio sulle terre emerse ha indotto delle sensibili modificazioni delle linee di costa di mari e oceani (spiagge marine più alte dell’attuale linea di costa mostrano le quote raggiunte dalle trasgressioni marine, mentre le morfologie fluviali rilevabili in alcuni fondali, come quelli dell’alto Adriatico, sono un indice delle regressioni marine). Importanti variazioni delle temperature sono registrate dai rapporti tra isotopi dell’ossigeno nei carbonati che formano il guscio dei molluschi marini e nelle calotte glaciali (è stata costruita una scala cronologica isotopica per gli ultimi 700.000 anni, fondandosi su sequenze rilevate in determinati organismi marini). Importanti fenomeni evolutivi hanno interessato gli animali e le piante; a ciò si sono aggiunte le migrazioni di alcune specie, determinando modificazioni significative delle associazioni di organismi vegetali e animali. Le variazioni del clima hanno anche provocato delle modificazioni nelle strutture delle associazioni stesse, particolarmente sensibili per alcuni gruppi (molluschi terrestri, uccelli, piccoli mammiferi, grandi mammiferi, ecc.). Infine anche le industrie umane, che si sono modificate nelle età preistoriche, possono essere considerate fossili guida. Attraverso le datazioni radiometriche si cerca di attribuire a questi fenomeni delle età secondo la scala dei tempi che noi stessi utilizziamo, espresse cioè in anni: si tratta del metodo delle varve (sedimenti molto fini, depositati dalle acque di fusione dei ghiacciai sul fondo dei laghi periglaciali, nei quali si alternano straterelli di colorazione scura formatisi durante la stagione invernale a straterelli di colorazione chiara formatisi durante la stagione estiva, che consentono di costruire una scala cronologica per gli ultimi 15.000 anni limitatamente alle regioni settentrionali), della dendrocronologia (che si fonda sul conteggio delle cerchia di accrescimento annuale degli alberi, e che consente datazioni fino a circa 10.000 anni da oggi), del metodo del carbonio (che sfrutta il fenomeno del decadimento del carbonio radioattivo presente in tutti gli organismi viventi, e che consente datazioni di sostanze organiche come legni e ossa fino a circa 50.000 anni), del metodo del potassio-argon (che sfrutta il fenomeno del decadimento del potassio radioattivo, e che consente la datazione di rocce eruttive di età superiore a 700.000 anni), del metodo uranio-torio (col quale possono essere datati croste stalagmitiche e altri carbonati, fino a 350.000 anni), della termoluminescenza e della risonanza paramagnetica elettronica (che consentono di datare materiali esposti al calore, come rocce esposte al fuoco, fino a età di 300.000-500.000 anni). Il pleistocene inferiore inizia, come si è detto, col deterioramento climatico registrato dalle faune marine attorno a 1,8 milioni di anni fa, quando nel Mediterraneo compaiono degli “ospiti freddi”; a questa età risale anche l’associazione faunistica continentale chiamata villafranchiano (dalla località di Villafranca d’Asti), nella quale specie arcaiche (mastodonti) sono associate a specie nuove di provenienza asiatica (elefanti, cavalli e bovidi), mentre la comparsa del genere Homo è già avvenuta qualche centinaio di migliaia di anni prima nelle regioni tropicali dell’Africa. Nel pleistocene inferiore Homo erectus si diffonde nelle regioni temperate d’Africa, d’Asia e d’Europa (archeolitico). Il pleistocene medio inizia convenzionalmente col cromeriano (zona a clima temperato, correlata con l’interglaciale Günz-Mindel, il cui inizio è fissato attorno a 700.000 anni) e termina col glaciale di Riss, attorno a 120.000 anni. In questo intervallo cronologico si sono sviluppate due grandi glaciazioni (Mindel e Riss, secondo la terminologia stabilita nelle Alpi), intervallate da un importante interglaciale. In questa età compaiono le prime forme attribuite a Homo sapiens arcaico; l’uomo acquisisce alcuni elementi fondamentali della cultura, quale ad esempio la capacità di controllare il fuoco. L’interglaciale che succede al Riss, (Eemiano, che si colloca all’incirca tra 120.000 e 80.000 anni) segna l’inizio del Pleistocene superiore. Esso è seguito dall’ultima glaciazione, detta nelle Alpi würmiano (80.000-10.000 anni dal presente). Al suo interno sono riconoscibili: una fase iniziale di instabilità climatica chiamata Würm antico, tra 80.000 e 60.000 anni; il I pleniglaciale, tra 60.000 e 50.000 anni (nel corso del quale l’inlandsis, cioè la calotta di ghiaccio formatasi sulla penisola scandinava, si estende sino a raggiungere Berlino); l’interpleniglaciale, tra 50.000 e 25.000 anni; il II pleniglaciale, tra 25.000 e 15.000 anni (nel corso del quale l’inlandsis e i ghiacciai alpini si espandono ancora maggiormente); il tardiglaciale, tra 15.000 e 10.000 anni, che corrisponde al definitivo ritiro dell’inlandsis e dei ghiacciai alpini. Il Tardiglaciale e il Postglaciale, che a esso segue, sono suddivisi secondo la zonazione pollinica (Dryas I, arido e freddo, da 15.000 a 13.000 anni; Bïlling, temperato e umido, da 13.000 a 12.000; Dryas II, arido e freddo, da 12.000 a 11.700; Allerïd, temperato e umido, da 11.700 a 10.800; Dryas III, arido e molto freddo, da 10.800 a 10.200; preboreale, temperato-caldo e arido, da 10.200 a 8700; boreale, caldo arido da 8700 a 7500; atlantico, molto caldo e umido da 7500 a 4500; sub-boreale, temperato arido da 4500 a 2700; subatlantico, temperato umido da 2700 a oggi). Questa età è dominata da Homo sapiens, prima con i neandertaliani, quindi con l’uomo anatomicamente moderno (paleolitico, mesolitico, neolitico). [Alberto Broglio]