qualunquismo

Termine con cui si indica il rifiuto della politica e l’atteggiamento di radicale diffidenza per i meccanismi politici degli stati democratici fondati sul sistema dei partiti. Tale atteggiamento è talvolta diffuso tra gli strati sociali della piccola e media borghesia conservatrice, soprattutto in periodi di crisi o di acuta conflittualità che mette a repentaglio gli assetti sociali costituiti. Il qualunquismo esalta la vita tranquilla del buon borghese, dedito alla famiglia e all’onesto lavoro, legato ai valori dell’ordine, della legalità e della proprietà privata, diffidente nei confronti delle masse e di chiunque cerchi di mettere in discussione il suo meritato benessere in nome degli interessi della collettività. Il termine trae la sua origine da un movimento politico italiano dell’immediato secondo dopoguerra, sorto per iniziativa di Guglielmo Giannini, direttore della rivista “L’uomo qualunque”. Il periodico, che ebbe notevole successo nei ceti medio-bassi del centro-sud, attaccava con demagogico sarcasmo la nuova repubblica, i valori dell’antifascismo e della Resistenza (ostentando equidistanza tra fascismo ed antifascismo), gli intellettuali progressisti (definiti ironicamente i “visi pallidi”) e i partiti di sinistra. Il suo ideale era lo stato amministrativo, autoritario e paternalista, garante di un tranquillo immobilismo sociale, solida barriera contro le richieste di partecipazione democratica e di trasformazioni sociali che provenivano soprattutto dai partiti di sinistra e dal settentrione d’Italia, dove la Resistenza aveva diffuso i suoi ideali progressisti. Il “Fronte dell’uomo qualunque” si presentò alle elezioni nel 1946, ottenendo un buon successo di voti (il 5,3% dell’elettorato) e di seggi (30 deputati). Il Fronte ebbe vita breve perché il suo elettorato confluì in parte, alla loro nascita, nel Movimento Sociale Italiano e nel partito monarchico, e in parte nelle correnti conservatrici della Democrazia cristiana. Fenomeni di qualunquismo si ebbero anche in altri paesi. In Francia fu qualunquista il “poujadismo” degli anni Cinquanta, movimento antifiscale degli artigiani e dei commercianti. Il suo ispiratore, Pierre Poujade, sulle pagine della rivista “Fraternité française” vagheggiava il ritorno all’ancien régime in cui la società era corporativamente divisa in ceti. Fondò anche un partito, l’“Union pour la Défense des Commerçants et Artisans” (UDCA), che nel 1956 raggiunse il 9% alle elezioni politiche (ma subito dopo si divise e scomparve dalla scena). Negli Stati Uniti d’America il qualunquismo prese la forma e il nome di “maggioranza silenziosa”. Si trattò dei ceti impiegatizi e operai integrati nel sistema, timorosi di perdere lo status sociale faticosamente conquistato per colpa delle contestazioni studentesche e delle rivendicazioni dei neri. Spesso di origine straniera – erano soprannominati “PIGS”, che significa “maiali”, dalle iniziali di Poles, Italians, Germans e Slavs (polacchi, italiani, tedeschi e slavi) – i qualunquisti americani avevano in odio le idee radicali diffuse tra gli intellettuali soprattutto negli anni Sessanta e chiedevano allo stato la repressione poliziesca di ogni turbativa dell’ordine sociale. In Danimarca il qualunquismo si caratterizzò come movimento antifiscale e di critica dello stato sociale-assistenziale. Di solito il qualunquismo è sempre molto vicino alle posizioni politiche dei partiti di estrema destra, con i quali spesso ha in comune la base sociale ed elettorale.