Popper, Karl Raimund

(Vienna 1902, † Kenley, Surrey, 1994). Filosofo austriaco. Impegnato nei dibattiti epistemologici promossi dal Circolo di Vienna (M. Schlick, O. Neurath, R. Carnap), col quale fu in contatto senza mai farne parte, elaborò un’innovativa filosofia della scienza che ebbe grande influenza sul pensiero contemporaneo. Contro il principio di verificazione del neopositivismo, nella sua opera più celebre (La logica della scoperta scientifica, 1934) sostenne che nessun numero finito di casi può confermare un giudizio scientifico universale, mentre basta un caso contrario per confutarlo (principio di falsificazione). Una teoria si configura come scientifica quando indica quali fatti, se si verificassero, la confuterebbero e la storia della scienza, caratterizzata dal metodo ipotetico-deduttivo più che da quello induttivo, consiste nel procedere per tentativi ed errori verso la meta ideale della verità assoluta (Congetture e confutazioni, 1962). L’epistemologia popperiana ebbe un ruolo rilevante anche nel dibattito novecentesco sul metodo delle scienze storico-sociali, con la critica del metodo dialettico in sociologia, e in quello politico con i concetti di società aperta e società chiusa, formulati ne La società aperta e i suoi nemici (1945), opera fondamentale della moderna teoria politica liberaldemocratica. In questa e in altre opere (Che cos’è la dialettica, 1937, Predizione e profezia nelle scienze sociali, 1948, Miseria dello storicismo, 1957) Popper criticò l’approccio olistico al problema politico – ossia la prospettiva per cui la società rappresenterebbe una totalità superiore alle proprie parti (individui, corpi sociali). Polemizzò inoltre con lo storicismo e con le filosofie dialettiche – che accettano il principio di contraddizione. Popper affermò la loro estraneità al corretto metodo scientifico, fondato sul principio di falsificazione, e la loro tendenza a produrre progetti politici assolutistici e suscettibili di sviluppi nella direzione del totalitarismo. Il filosofo viennese definì “società chiusa” ogni sistema di potere autoritario, in cui la legge assuma i tratti dell’immodificabilità, il governo neghi le libertà fondamentali e l’organismo sociale prevarichi l’individuo. In essa le scelte del potere non sono sottoposte alla pubblica verifica e alla correzione degli errori, poiché si presuppone che l’organismo decisionale sia in possesso della verità assoluta e conosca il vero bene e la vera felicità dei cittadini meglio degli stessi interessati. Popper, che entrò in diretta polemica con la sociologia di ispirazione marxista (T.W. Adorno, M. Horkheimer), citò come esempi di impostazione non scientifica le filosofie di Platone, di Hegel e di Marx, le ultime due fortemente responsabili dei totalitarismi contemporanei. La società, come ogni altro oggetto di indagine, dev’essere analizzata col metodo fallibilistico della scienza, per il quale ogni affermazione e ogni teoria devono essere sottoposti al principio di falsificazione. Conseguenza pratico-politica di una sociologia fallibilistica è, secondo l’autore, la prospettiva di una “società aperta”, cioè non totalitaria e fondata, invece, sul principio di autocorreggibilità. Mentre le teorie olistiche implicano che la società possa essere trasformata solo nella sua totalità, quindi con una palingenesi rivoluzionaria, il metodo scientifico impone un atteggiamento riformistico e gradualistico, il procedere per tentativi, errori e correzioni. Gli ordinamenti democratici, il pluralismo sociale e politico, il controllo pubblico sull’operato della classe politica, la possibilità di licenziare e sostituire pacificamente i governanti, una flessibilità che consenta di apprendere dagli errori e di correggerli, sono le caratteristiche fondamentali di una società aperta. In essa regnano il principio della reciproca tolleranza e del libero confronto delle idee: la libertà è un valore più importante ancora della giustizia, poiché la giustizia senza libertà è l’essenza di inaccettabili sistemi totalitari. La democrazia non dev’essere intesa come generico governo del popolo o della maggioranza (anche la maggioranza può governare in modo tirannico), ma come l’insieme delle istituzioni che garantiscono le libertà individuali e il controllo pubblico dei governanti. Il patrimonio di idee della tradizione liberaldemocratica appare a Popper il frutto più maturo della coscienza occidentale e dello sviluppo del pensiero scientifico. Il timore di forme di potere centrale troppo forti e poco elastiche (quindi poco “correggibili” e perfettibili) ha indotto Popper in anni recenti a pronunciarsi a favore di una concezione confederalistica e non federalistica dell’integrazione europea. Nel suo ultimo scritto espresse forti preoccupazioni circa la pericolosa funzione diseducativa che la Cattiva maestra televisione (1994) può esercitare, con i propri modelli negativi, sulle giovani generazioni.