plutocrazia

Dal greco ploutos (ricchezza) e kratos (potere), il termine “plutocrazia” designa genericamente un regime nel quale s’impongono politicamente i detentori della ricchezza mercantile e delle leve dell’alta finanza (e, in età contemporanea, della grande industria monopolistica). La plutocrazia – in quanto forma di dominio – è stata di solito concepita come degenerazione di una delle tradizionali forme di governo, l’aristocrazia, e, in tale accezione, costituisce una variante dell’oligarchia. Un modello plutocratico dell’antichità fu Cartagine. Nella nostra epoca la plutocrazia si serve, per la sua affermazione, del controllo dei mezzi di comunicazione di massa (stampa, radio, televisione) e degli strumenti di selezione della classe politica (sistemi partitico ed elettorale), arrivando – se necessario – alla gestione diretta del potere politico nelle istituzioni. Tra i maggiori teorici della plutocrazia coeva si segnala il sociologo Vilfredo Pareto che nell’opera Trasformazione della democrazia (1921) ha individuato nella plutocrazia – in contrapposizione alla democrazia – una tendenza oggettiva dello svolgimento sociale dell’Ottocento. Pareto ha poi distinto tra “plutocrazia demagogica” e “plutocrazia militare”, secondo che i plutocrati si basino per ottenere i loro fini di potere su mezzi di persuasione ideologica o sulla forza di apparati polizieschi e militari. Un caso di “plutocrazia demagogica” fu, secondo Pareto, la Terza Repubblica in Francia. In tema di plutocrazia, deve essere infine citata l’accusa mossa contro la razza ebraica di costituire una “plutocrazia internazionale”: un’accusa basata sul persistente luogo comune che vedeva negli ebrei i padroni del denaro e dell’usura. Tale pregiudizio fu sfruttato da Hitler (e ripreso ampiamente dalle dittature nazifasciste e reazionarie che praticarono l’antisemitismo) per deviare contro gli ebrei l’odio anticapitalistico delle masse proletarie e servì come giustificazione per la loro persecuzione. In un contesto diverso, Enrico Corradini, uno dei più autorevoli esponenti del nazionalismo italiano, e poi più in generale il fascismo, contrapposero ripetutamente a “nazioni proletarie”, quali per l’appunto l’Italia, “nazioni plutocratiche” quali la Gran Bretagna, la Francia e gli Stati Uniti.