Platone

(Atene 427, † ivi 347 a.C.). Filosofo greco. Tra i massimi pensatori di tutti i tempi, con la propria ricchissima speculazione esercitò un’influenza determinante sull’intera cultura occidentale. Aristocratico, allievo di Socrate, visse ad Atene in un periodo di profondi mutamenti politici e culturali. Dalla morte del maestro fu convinto della necessità di una radicale trasformazione del modo di fare politica e dell’organizzazione sociale. Cercò vanamente di realizzare il proprio progetto politico nel corso di tre viaggi a Siracusa (388, 367, 361), dove contava sull’amicizia di Dione, parente dei tiranni della città. Nel 387 fondò ad Atene l’Accademia, scuola filosofica e centro di educazione e vita in comune dei giovani aristocratici. La sua produzione, composta dall’Apologia di Socrate, 34 dialoghi (secondo l’impostazione dialogica della filosofia socratica) e 13 lettere, seguì l’incessante evoluzione del suo pensiero, divisa dai critici in tre (o quattro) fasi. Si impegnò in ogni settore della speculazione filosofica: morale, proponendo un intellettualismo etico fondato sulla coincidenza di virtù e sapienza; metafisico, elaborando la teoria delle idee, che separa nettamente il mondo sensibile, mutevole e incerto, dalla sfera delle essenze eterne, perfette e immutabili; psicologico, sostenendo l’immortalità dell’anima, la metempsicosi e la teoria della conoscenza come reminiscenza di idee innate; logico, proponendo un metodo dialettico nella riflessione razionale; cosmologico, con la spiegazione del mondo come grande organismo plasmato e animato da un Demiurgo. Criticò sempre sia il dogmatismo di chi accetta la tradizione senza indagare con la propria ragione, sia la rinuncia scettica alla verità tipica dei sofisti. Centrale nella sua vita e nel suo pensiero fu la riflessione politica, contenuta soprattutto nella Repubblica. Consapevole dell’origine utilitaristica della società, dovuta all’impossibilità per il singolo individuo di soddisfare tutti i propri bisogni naturali, Platone teorizzò la divisione dei ruoli sociali e cercò il criterio per ottimizzare la loro distribuzione. Affermò che la società ha bisogno delle tre classi dei “produttori” (contadini, artigiani, commercianti), dei guerrieri o “custodi”, e dei governanti. Individuò nella psicologia il criterio della giusta distribuzione, affidata ai governanti, dei compiti sociali: le tre classi corrispondono alle tre anime degli uomini, cioè la concupiscibile (propria dei lavoratori che pensano solo all’utile), l’irascibile (dei guerrieri) e la razionale (dei governanti, che coincidono con i filosofi). Attribuì grande importanza all’educazione, affidata allo stato, dei custodi e dei filosofi-governanti, ma anche alla loro vita in comune: escluse per tali classi la proprietà privata e la famiglia, fonti di interessi privati inconciliabili con la loro funzione pubblica. Nelle Leggi, opera senile, temperò la radicalità utopistica del proprio progetto politico, espresse la preferenza per una forma di governo misto di democrazia e aristocrazia e recuperò il valore della famiglia e della proprietà privata.