apartheid

Termine utilizzato dal governo della Repubblica Sudafricana per indicare la scelta dello sviluppo separato delle diverse razze (bianca, nera, meticcia, indiana) che popolano il paese. Affonda le proprie radici nello sviluppo dell’occupazione boera e poi inglese della regione e fu adottato dai governi guidati dal National Party dal 1948 in avanti, per salvaguardare la supremazia della razza bianca di fronte alla maggioranza nera e meticcia. Responsabili del regime segregazionista furono gli Afrikaner, bianchi di discendenza boera, più affetti degli inglesi dal pregiudizio razzista. Con una serie di provvedimenti, i neri e i “coloured” furono discriminati nel diritto di proprietà e nel reclutamento lavorativo, pressoché privati dei diritti politici e costretti alla completa separazione residenziale, scolastica e nel culto religioso (nel tentativo di evitare qualsiasi contatto interrazziale). L’apartheid incontrò la strenua opposizione del partito della maggioranza nera, l’African National Congress, il cui esponente principale era Nelson Mandela, e suscitò l’indignazione crescente dell’opinione pubblica mondiale. Dopo anni di lotte e di dure repressioni (come le stragi di Sharpeville, 1960, e di Soweto, 1976), accompagnate da sanzioni internazionali, l’elezione alla presidenza della repubblica di Frederik W. de Klerk (1989) portò al graduale superamento del regime di apartheid. Forme di segregazione razziale simili all’apartheid sudafricano furono realizzate in Rhodesia dopo la proclamazione dell’indipendenza (1965) e smantellate in seguito alla vittoria del Partito per l’Unione Africana dello Zimbabwe (ZANU) di R. Mugabe e la trasformazione dello stato in Zimbabwe (antico nome della regione) nel 1980.