pauperismo

Il termine deriva dal latino pauper, povero, ed è entrato nel linguaggio storico-politico a partire dall’Inghilterra, dove entrò in uso la parola pauperism. Il fenomeno della povertà è una delle costanti della condizione sociale fin dall’antichità. Nel mondo antico e medievale la povertà era considerata un fatto che apparteneva all’ordine naturale delle cose umane. Nel medioevo in Europa la vita dei poveri veniva in misura marginale alleviata dall’assistenza in primo luogo degli ordini religiosi in nome del dovere di carità cristiana. A cavallo tra medioevo ed età moderna sorsero in alcuni paesi ospedali-ospizi per i poveri e in Italia, per iniziativa degli ordini religiosi, i Monti di pietà. L’atteggiamento verso i poveri oscillava tra carità e repressione. Perché il pauperismo diventasse un problema politico-sociale fu necessario che esso venisse assunto come tale dallo stato e dalla società. Il che avvenne agli inizi dell’età moderna nell’Inghilterra elisabettiana, quando il processo di recinzione delle terre (enclosures) provocò un rapido e drastico deterioramento nelle condizioni di vita di un gran numero di abitanti delle campagne che, privati di diritti tradizionali di sfruttamento delle terre fino ad allora in uso comune, si trovarono gettate sul lastrico allargando in maniera preoccupante le file dei poveri, che si riversarono anche nei centri urbani. Nel 1601 fu approvata la Poor Law, che per un verso introduceva una serie di misure a sostegno dei poveri, per l’altro sottoponeva i poveri a un forte controllo repressivo. Nel corso del XVIII secolo in Inghilterra si diffusero le workhouses, le quali divennero una sorta di luoghi di detenzione di poveri impegnati in attività lavorative. Il pauperismo venne drammaticamente rilanciato dalla disoccupazione prodotta dagli effetti della rivoluzione industriale, che causò anche la dequalificazione di interi strati di vecchio artigianato ormai in crisi strutturale. Accanto ai disoccupati si collocavano poi tutti coloro che avevano un lavoro troppo precario e troppo poco remunerato. La questione del pauperismo si impose anche negli altri paesi europei; ma essa venne affrontata per lo più con mezzi del tutto inadeguati e secondo un’impostazione che persisteva nell’accomunare forme di carità pubblica e privata ad atteggiamenti sospettosi e repressivi, essendo considerate le classi povere come classi “pericolose”. La Francia rivoluzionaria affermò solennemente il principio della solidarietà verso i più diseredati come un dovere pubblico; ma le conseguenze concrete furono trascurabili. Nel 1834 la Poor Law fu sottoposta in Gran Bretagna a revisione nei suoi risvolti più che altro organizzativi, poiché dalle classi alte la povertà continuava a essere ritenuta in maniera determinante un frutto della pigrizia e della mancanza di qualità personali. Il significato del pauperismo cambiò volto nel mondo occidentale nel corso del XIX secolo in relazione al crescere, sia pure con un carattere tutt’altro che uniformemente ascendente, del tenore di vita delle classi inferiori coinvolte nel processo di sviluppo economico, al rafforzarsi del movimento operaio e infine, negli ultimi decenni, agli esordi delle legislazione sociale, la quale nel Novecento, in primo luogo per gli effetti della crisi economica del 1929, ha portato infine alla nascita dello “stato sociale”. Numerose sono state negli ultimi due secoli le inchieste pubbliche e di singoli studiosi sulla povertà. Questa, che nel mondo sviluppato ha perso, anche se non completamente, i suoi connotati di indigenza estrema e indifesa, permane diffusamente nei paesi sottosviluppati o poco sviluppati del mondo.