Partito socialdemocratico tedesco

(Sozialdemokratische Partei Deutschlands). Nacque nel 1875 a Gotha dalla fusione della Associazione generale degli operai tedeschi, fondata da F. Lassalle nel 1863, e del Partito socialdemocratico dei lavoratori sorto nel 1867, di ispirazione marxista. Il suo programma iniziale fu criticato da Marx per il suo carattere moderato e non integralmente rivoluzionario. Sebbene sottoposto da parte di Bismarck a una dura repressione dal 1878 al 1890, crebbe notevolmente negli stessi anni, dotandosi di un’organizzazione capillare ed efficiente capace di aggregare un grande seguito di massa. Partito guida di tutti i partiti socialisti aderenti alla Seconda Internazionale, la SPD divenne nel 1912 il partito di maggioranza relativa al Reichstag. Nel frattempo aveva adottato il marxismo come ideologia ufficiale (congresso di Erfurt, 1891), alimentando un vivace dibattito interno tra la destra “revisionista” guidata da E. Bernstein, il centro di K. Kautsky e la sinistra rivoluzionaria di R. Luxemburg e K. Liebknecht. Nel 1914 il partito aderì alla politica bellicista del governo votando i crediti di guerra. Durante e immediatamente dopo il conflitto le divisioni interne portarono a varie scissioni che diedero vita alla USPD (Partito socialdemocratico indipendente tedesco) nel 1917 e alla KPD (Partito comunista tedesco) nel 1919. Consumata la definitiva rottura con i comunisti, la SPD diventò il maggior sostenitore della repubblica di Weimar (F. Ebert ne fu il primo presidente), partecipando al governo e opponendosi alle forze antidemocratiche di destra e di sinistra. Nel 1933, dopo la salita al potere dei nazionalsocialisti, il partito fu sciolto. Rifondato nel 1946 rappresentò l’opposizione al governo Adenauer nella Germania occidentale, mentre ad est si fuse con i comunisti nella SED (Partito socialista unificato). Nel 1959 il congresso di Bad Godesberg sancì l’abbandono del marxismo. Dal 1966 al 1969 i socialdemocratici furono al governo con CDU e CSU. Continuarono poi a governare la Repubblica Federale Tedesca con l’alleanza dei liberali fino al 1982. In questi anni i maggiori esponenti del partito furono W. Brandt e H. Schmidt, cancellieri rispettivamente dal 1966 al 1974 e dal 1974 al 1982. Dal 1982 al 1998 la SPD rimase all’opposizione, criticando duramente, dopo la caduta del muro di Berlino, la politica di unificazione immediata con l’ex Repubblica Democratica Tedesca decisa e realizzata dal cancelliere H. Kohl. Nel settembre del 1998 la SPD, alleata dei verdi, ritornò al governo con Gerhard Schröder, il quale, dopo essersi impegnato a fondo nella ricostruzione economica dell’ex Germania orientale e nella riduzione della disoccupazione, fu riconfermato alla guida del governo anche alle successive elezioni del 2002. Nel 2003, all’indomani del lancio di un ampio programma di riduzione della spesa pubblica (Agenda 2010), il partito subì una scissione interna guidata da Oskar Lafontaine. In occasione delle elezioni anticipate del 2005, la SPD rimase al governo sia pure all’interno di una “grande coalizione” guidata dalla cristianodemocratica Angela Merkel. Nelle elezioni parlamentari del 2009 la SPD registrò una drammatica flessione dei propri consensi che la riportarono, dopo oltre un decennio, all’opposizione.