Partito radicale

Formazione politica italiana costituita nel 1878 da Agostino Bertani e composta in prevalenza da ex garibaldini, repubblicani e socialisti. Di tendenze democratiche, irredentiste e anticlericali, si differenziò dal mazzinianesimo intransigente per la scelta di partecipare alla vita parlamentare, costituendo nel 1882, insieme con il socialista Andrea Costa, il gruppo dell’“estrema sinistra”. Guidato da Felice Cavallotti, il partito radicale combatté il trasformismo della Sinistra storica con un’opposizione puramente parlamentare, non sorretta da un’adeguata base sociale, risentendo in ciò della sostanziale assenza nel paese di una borghesia dinamica e della concorrenza del nascente movimento socialista. Si batté per il suffragio universale, per la laicità della scuola e dello stato, per la moralizzazione della vita pubblica, corrotta dalla pratica del trasformismo, per l’autonomia della magistratura. Nella crisi di fine secolo, ebbe un ruolo di rilievo, insieme con i repubblicani (entrati anch’essi nella vita parlamentare) e i socialisti, nell’ostruzionismo parlamentare che impedì l’affermazione del disegno di legge di Pelloux (1899), che prevedeva una pesante contrazione delle libertà civili e politiche. Nella nuova atmosfera d’inizio secolo, appoggiò il governo Zanardelli e nell’età giolittiana entrò talvolta nella compagine governativa. Da Giolitti si dissociò nel 1913 perché contrario al patto Gentiloni, incompatibile col proprio laicismo tendenzialmente anticlericale. Il suffragio universale maschile inferse un duro colpo al PR, privo di una base sociale di massa: nel 1919 non si costituì nemmeno più in gruppo parlamentare. Negli anni successivi, la sua eredità fu raccolta dal Partito democratico italiano, che fu essenzialmente un gruppo parlamentare guidato da Giovanni Amendola e Francesco Saverio Nitti e scomparve con l’avvento del regime fascista.