parlamento

Passato dal latino medievale nei linguaggi “volgari”, soprattutto in Francia e poi in Inghilterra, il termine “parlamento” – originariamente il luogo e l’occasione in cui ci si riuniva a “parlare”, ossia a discutere di questioni pubbliche o a “parlamentare” – ha significati storicamente molto diversi a seconda che lo si assuma nelle accezioni premoderne e poi, riguardo all’età moderna e contemporanea, relativamente allo spartiacque rappresentato dalla Rivoluzione francese. Attualmente, in tutti i paesi di civilizzazione europea, influenzati dal modello democratico sviluppatosi dopo la Rivoluzione francese, il parlamento è l’organo assembleare, monocamerale o bicamerale, di rappresentanza politica popolare e di legislazione. In taluni casi assolve anche a funzioni di giurisdizione straordinaria. Tranne poche eccezioni, i parlamenti sono eletti liberamente a suffragio universale e insediati per un periodo di tempo predeterminato dalla legge. Oltre al potere legislativo, di cui è il titolare più significativo anche se non esclusivo, competono al parlamento funzioni di indirizzo politico generale, deliberative, di nomina e di controllo sul governo. L’attività parlamentare, diretta dai presidenti delle camere e dagli uffici di presidenza, è svolta attraverso il lavoro di assemblea e delle commissioni permanenti, oltre che da speciali giunte e commissioni d’inchiesta. In Italia il parlamento della repubblica è composto dalla Camera dei Deputati e dal Senato. Storicamente, i parlamenti premoderni nacquero da assemblee feudali di nobili e di rappresentanti dei ceti e delle città, convocate dai re su problemi amministrativi, di giurisdizione e su misure di tassazione. Col tempo queste svilupparono gradualmente una sorta di contropotere e di controllo sull’azione regia. Gli antecedenti storici più probanti sull’evoluzione di tali istituti si ebbero in Inghilterra, dove il termine parliament, sull’esempio francese, fu usato per la prima volta nel 1258. Suddivisosi in due “camere” nel XIV secolo, il parlamento raggiunse la piena maturità politica – nella lotta contro l’assolutismo regio – durante la rivoluzione inglese nel XVII secolo e, con le riforme successive, nel Settecento e nell’Ottocento, conseguì l’assetto durevole divenuto un modello per gli altri paesi. I parlamenti premoderni francesi, diversamente, svolgevano soprattutto funzioni giuridico-amministrative, mentre gli Stati generali – esponenti di istanze tese a influire, tramite la leva finanziaria e l’espressione di volontà politica, sulla determinazione degli indirizzi politici generali del paese – conobbero una lunga eclissi nell’età dell’assolutismo. Con la Rivoluzione francese i parlamenti furono soppressi e gli Stati generali furono sostituiti dall’Assemblea nazionale e via via, con trasformazioni profonde e nomi diversi, da organismi politici e legislativi dai quali doveva enuclearsi il moderno modello parlamentare. Degno di menzione è anche l’esempio parlamentare americano fissato dalla Convenzione di Filadelfia del 1787, sia perché introdusse stabilmente per la prima volta un sistema democratico d’elezione, sia perché risolse col modello bicamerale del Congresso (Senato e Camera dei Rappresentanti) le complesse esigenze di rappresentanza a un tempo degli stati e dell’insieme del popolo statunitense nel quadro di un sistema costituzionale di tipo federale.