Pareto, Vilfredo

(Parigi 1848, † Céligny, Svizzera, 1923). Sociologo ed economista italiano. Figlio del marchese Raffaele, compì studi fisico-matematici e di ingegneria. Come ingegnere lavorò dal 1870 nelle ferriere romane, divenendo nel 1874 direttore delle ferrovie di Val d’Arno e stabilendosi a Firenze. Parallelamente sviluppò l’interesse per gli studi matematico-economici, sollecitato dall’amico M. Pantaleoni, e un’intensa attività pubblicistica, orientata alla difesa intransigente del liberismo, quindi di incessante critica degli indirizzi politico-economici dei governi italiani della Sinistra storica e di Giolitti. Nel 1893, dopo aver abbandonato la professione di ingegnere, ottenne la cattedra di economia politica all’Università di Losanna, subentrando a L. Walras. Lasciò così l’Italia per sempre, radicandosi sempre più nella confederazione elvetica (pur vivendo estremamente appartato e visitato solo dagli amici più intimi), dalla quale non si mosse più, specie dopo l’acquisto della villa di Céligny nel 1900. Di qui condusse un’incessante polemica contro gli sviluppi della storia italiana durante l’età giolittiana. Personalità fortemente complessa, non appartenne ad alcuna scuola di pensiero – pur risultando uno dei maggiori tra gli economisti e sociologi del Novecento – né ad alcun movimento politico, anche se in forza della critica radicale di taglio liberalconservatore mossa al parlamentarismo democratico e al socialismo, specie negli anni della prima guerra mondiale e nella crisi del dopoguerra, finì per esprimere giudizi di positiva aspettativa nei confronti delle riforme promesse dal primo fascismo, dal quale fu nominato senatore del regno italiano. Le maggiori opere di Pareto, a prescindere dagli innumerevoli articoli comparsi nei più prestigiosi periodici scientifici e politici italiani ed europei, sono: il Corso di economia politica (1896), I sistemi socialisti (1902), il Trattato di sociologia generale (1916), la Trasformazione della democrazia (1921). Pareto fu, con G. Mosca, uno dei primi esponenti della teoria dell’élite. Sulla scorta di una concezione pessimista e realista della storia, considerata come priva di una logica razionale e come scena di una eterna e ciclica lotta di potere, Pareto affermò l’esistenza costante di classi di individui occupanti le posizioni di vertice nelle diverse branche d’attività, le élites appunto. Tra le élites avversarie regna una lotta senza quartiere che ha per posta l’occupazione del governo. Per mantenersi al potere esse si rinnovano incorporando quadri emergenti dagli strati inferiori della società (“circolazione delle élites”). Si ricreano così equilibri non durevoli, il cui risultato finale è sempre il ricomporsi di un nuovo equilibrio con un’altra élite al potere. Sul piano della scienza economica, Pareto si distinse per il rinnovamento della nozione marginalista di “utilità” e per la teorizzazione dell’inedito criterio di “ottimalità”, che da lui prende il nome (“ottimo paretiano”) e che prelude a un’originale legge economica sulla distribuzione dei redditi.