panamericanismo

Aspirazione all’unione, o almeno al coordinamento politico-economico, di tutti gli stati del continente americano. Precorritrici del panamericanismo furono alcune proposte politiche della prima metà del XIX secolo, come la “dottrina Monroe” e l’ideale confederale di Simón Bolívar. La prima, elaborata nel 1823, si espresse in una Dichiarazione in cui il presidente statunitense James Monroe sostenne l’autonomia politica del continente dall’Europa, opponendosi a eventuali interventi di potenze straniere negli affari americani. Simón Bolívar, invece, convocò una conferenza di tutti i paesi latino-americani a Panamá nel 1826 nel tentativo, fallito, di unire gli stati appena liberati dal dominio coloniale spagnolo in una confederazione ispirata al modello statunitense. Il movimento panamericano si sviluppò nella seconda metà del XIX secolo e diede un primo frutto nella conferenza di Washington del 1889, in cui nacque il “Commercial Bureau of the American Republics” per promuovere i rapporti economici tra gli stati del continente. Nella stessa conferenza fu bandito il diritto di conquista e si affermò il principio dell’arbitrato per la soluzione delle controversie tra gli stati americani. Nel 1910 il Bureau si trasformò in Pan-American Union, che nel 1948, nella conferenza di Bogotá, divenne il segretariato generale dell’OAS (Organization of American States), istituita nella stessa occasione per coordinare l’armonico sviluppo economico del continente. Il panamericanismo fu spesso la copertura della politica egemonica e di sfruttamento economico esercitata dagli Stati Uniti nei confronti dei più deboli paesi dell’America latina. I paesi latino-americani, al contrario, intendevano il panamericanismo nel senso di una collaborazione paritetica e ci furono anche tentativi di contrastare l’egemonia statunitense, come nella conferenza dell’Avana del 1928. Alcuni di essi ebbero efficacia, inducendo presidenti statunitensi come Franklin Delano Roosevelt a inaugurare con i paesi latino-americani rapporti non di sfruttamento, ma di “buon vicinato” (conferenza di Montevideo del 1933). Durante la seconda guerra mondiale, tutti gli stati americani, dopo un biennio di neutralità, intervennero a fianco dello schieramento antinazista per solidarietà con gli Stati Uniti aggrediti dal Giappone (Pearl Harbor, 1941). Nel dopoguerra l’OAS ebbe una funzione di stabilizzazione e di consolidamento dell’“ordine americano”: espulse Cuba (1962) dopo la rivoluzione comunista (decretando il blocco economico nei suoi confronti nel 1964) e appoggiò di fatto (nonostante dichiarazioni contrarie) le dittature militari nei paesi latino-americani, puntello delle locali classi dominanti e garanti della penetrazione dei grandi potentati economici statunitensi. Gli Stati Uniti non esitarono talvolta a ricorrere alla politica del “big stick” (grande bastone), intervenendo con la forza per difendere i propri interessi minacciati da qualche rivoluzione (Guatemala, 1954; Cuba, 1961; Santo Domingo, 1964; Grenada, 1983). Salvo la breve parentesi della presidenza Kennedy, che con il progetto “Alleanza per il progresso” (1961) intendeva avviare una politica di aiuti economici ai paesi latino-americani per sottrarli all’influenza castrista, gli Stati Uniti (che pur avevano aiutato la ricostruzione economica postbellica europea con il piano Marshall) non si impegnarono mai in una politica di modernizzazione e di rafforzamento delle deboli e arretrate economie del centro-sud del continente.