Panamá

Stato attuale dell’America centrale. Le prime tracce della presenza dell’uomo risalgono al IX secolo a.C. Attorno al III secolo sono da collocarsi i primi insediamenti di gruppi stanziali dediti all’agricoltura, ma poco si sa della provenienza di queste popolazioni, mentre reperti archeologici risalenti al IV secolo d.C. attestano la presenza nell’area compresa tra il golfo di Chiriquí e l’attuale canale di Panamá di elementi di cultura chibca originari della Colombia. La costa atlantica del Panamá fu scoperta nel 1501. Nel 1510 coloni spagnoli si stabilirono nel golfo di Darién fondando la città di Santa Maria, che divenne un’importante base logistica per le spedizioni di conquista. Da qui partì la spedizione di Núñez de Balboa che raggiunse, primo tra gli europei, la costa del Pacifico. Nel 1538 fu istituita l’audiencia del Panamá, che venne soppressa nel 1751 col passaggio della regione sotto la giurisdizione del viceregno di Nuova Granada. Durante l’epoca coloniale il Panamá fu oggetto di attacchi continui da parte dei pirati inglesi, attratti dalla prospettiva di impadronirsi delle ingenti ricchezze che da qui partivano alla volta della Spagna. Il Panamá proclamò la propria indipendenza il 28 novembre del 1821 e, dopo pochi mesi, optò per l’annessione alla Grande Colombia di Simón Bolívar. Dissolta quest’ultima con le secessioni del Venezuela e dell’Ecuador (1830), rimase provincia autonoma della repubblica di Colombia fino al 1903, quando divenne stato indipendente. La formazione del nuovo stato fu un episodio della competizione anglo-franco-statunitense per il controllo delle vie di comunicazione intraoceaniche e, in particolare, del costruendo canale di Panamá. La rivolta secessionista, chiaramente ispirata dagli Stati Uniti, scoppiò infatti dopo che il parlamento della Colombia aveva rifiutato di ratificare una bozza di accordo firmata nel gennaio del 1903, con la quale il governo di Bogotá cedeva in affitto a quello di Washington una striscia di terra compresa tra Balboa e Colón della profondità di circa dieci miglia. Il trattato con il nuovo stato, immediatamente riconosciuto dagli Stati Uniti, fu firmato il 18 novembre: con esso il Panamá, in cambio di un consistente contributo in denaro da pagarsi annualmente, riconosceva a tempo indeterminato alla grande potenza regionale l’amministrazione diretta della zona del canale e il diritto di intervento negli affari interni del paese, qualora la sua indipendenza fosse stata minacciata. Nel 1906 il Congresso degli Stati Uniti approvò, dopo un lungo dibattito, la costruzione del canale che fu ultimato nel 1914. Gli Stati Uniti si avvalsero del diritto di intervento ogni volta che il clima interno al paese minacciò di introdurre mutamenti negli equilibri politici, come in occasione delle elezioni del 1908, del 1912 e del 1918. A partire dagli anni Trenta prese consistenza un movimento nazionalistico di opposizione contro la presenza americana nel canale che portò a revisioni parziali del trattato, prima nel 1936 e poi nel 1954. Nel 1959, violente manifestazioni scoppiate nella città di Panamá indussero gli USA ad accogliere la richiesta di issare accanto alla propria bandiera quella panamense, come segno di sovranità sulla zona del canale. Nuovi e più ampi movimenti di protesta scoppiarono a più riprese negli anni Sessanta. Negoziati per una revisione del trattato furono avviati a partire dal 1965, ma soltanto nel 1974 il segretario di stato americano Henry Kissinger e il ministro degli esteri panamense J.A. Tack raggiunsero un accordo circa la retrocessione della Zona del canale al Panamá. Il trattato, firmato a Washington nel settembre del 1977 dal presidente Carter e dal generale Torrijos, stabilì il ritorno del canale e della Zona sotto il pieno controllo della repubblica panamense a partire dall’anno 2000, nonché l’annullamento dei precedenti trattati. Gli USA acconsentirono al passaggio sotto la giurisdizione del Panamá, subito dopo la ratifica del trattato, di quei territori della Zona considerati non vitali per le operazioni del canale. Un nuovo ente a compartecipazione americano-panamense avrebbe sostituito, infine, la Panamá Canal Company e al Panamá sarebbe andata una percentuale delle entrate. I due stati si impegnarono a garantire in comune la sicurezza e la difesa del canale fino al 1999 e, infine, ad assicurarne la libertà di transito per tutti i paesi, riservando però agli USA il diritto di intervento unilaterale a tempo indefinito nel caso di pericolo per la sua neutralità. La ratifica definitiva del trattato avvenne nel 1978, dopo l’approvazione da parte della popolazione panamense tramite plebiscito e il voto favorevole del Senato americano. Nel 1981 morì in un incidente aereo Torrijos, il capo della Guardia nazionale e fondatore del Partito rivoluzionario democratico (PRD), che aveva esercitato di fatto una dittatura personale sulla vita politica del paese a partire dal colpo di stato del 1968 contro il presidente Arnulfo Arías. Nel 1984 fu eletto, come candidato del PRD, Nicolás Ardito Barletta. Nel 1985, approfittando del malcontento creato dalle misure di austerità proposte dal governo per fronteggiare una grave crisi economica, il generale Manuel Antonio Noriega, autoproclamatosi vero erede di Torrijos, provocò le dimissioni di Barletta, che venne sostituito dal vicepresidente Eric Del Valle. Nel frattempo peggiorarono le relazioni con gli USA i quali, preoccupati degli orientamenti terzomondisti del PRD, iniziarono il boicottaggio sul piano economico e accusarono Noriega di essere coinvolto nel traffico di droga. Noriega, a sua volta, respinse le accuse, presentandole come una manovra messa in atto per non tener fede agli accordi del 1977. Nel 1987 violenti disordini fomentati dalle forze di destra furono duramente repressi dalla Guardia nazionale. Nel 1989 il parlamento panamense nominò Noriega presidente della repubblica e proclamò lo stato di guerra con gli USA. Del Valle tentò allora, d’accordo con l’ambasciata americana, di destituire Noriega, ma una sollevazione militare in favore di quest’ultimo lo costrinse a dimettersi: il parlamento dominato dal PDR nominò il nuovo presidente nella persona del ministro dell’Istruzione Manuel Solís Palma. La situazione precipitò alla vigilia delle elezioni indette per il 7 maggio 1989, che videro la contrapposizione tra la coalizione di centrodestra, l’Alleanza democratica di opposizione civile (ADOC), e quella di sinistra filogovernativa, la Coalizione per la liberazione nazionale (CLN). Nel giorno delle elezioni le violenze e le intimidazioni, specie da parte dei sostenitori di Noriega, furono tali da giustificare il loro annullamento da parte del tribunale elettorale. Il regime perdette in tal modo ogni parvenza di legittimità costituzionale e rafforzò le pressioni americane affinché venisse allontanato Noriega. Un tentativo di mediazione da parte dell’Organizzazione degli Stati Americani per evitare lo scoppio di un conflitto non ebbe successo; nell’agosto un Consiglio di Stato formato da militari fedeli a Noriega nominò un nuovo presidente nella persona di Francisco Rodríguez, e i membri dell’Assemblea popolare, in un clima di aperta dittatura. Nel dicembre truppe statunitensi con la cosiddetta “operazione giusta causa” invasero il Panamá e, contemporaneamente, insediarono un nuovo governo presieduto dal capo dell’opposizione Guillermo Endára. Dopo aspri combattimenti nella capitale gli americani riuscirono nell’intento di far cadere Noriega che, arresosi il 3 gennaio del 1990, fu successivamente tradotto a Miami per essere processato e giudicato. Endara fu confermato presidente e all’ADOC andarono 51 seggi su 67 dell’Assemblea legislativa, sulla base dei risultati delle elezioni del 1989. La legittimità del governo di Endara fu tuttavia contestata dagli stati latinoamericani, che negarono il loro riconoscimento. Nonostante le difficoltà, Endara restò al potere fino al 1994. Il successivo governo fu formato dal candidato del PRD Ernesto Perez Balladares, che, dopo aver preso le distanze da Noriega, attuò con effetti positivi una politica neoliberistica di privatizzazioni. Nel 1999 fu eletta presidente Mireya Moscoso Rodriguez, vedova di Arnulfo Arías, il cui governo fu segnato da numerosi scandali di corruzione. Con la fine dell’anno gli Stati Uniti cedettero il controllo operativo del canale di Panamá alle autorità panamensi. Nel 2004 il PRD tornò nuovamente al potere e divenne presidente Martin Torrijos, durante la presidenza del quale fu approvato con un referendum l’ampliamento del canale e avviata un’intensa crescita economica. Nelle successive elezioni del 2009 risultò vincitore Ricardo Martinelli, leader del partito conservatore Cambio democrático.