paleontologia e paleoantropologia

Scienze che studiano le origini e l’antica evoluzione della vita (paleontologia o paleobiologia) e della specie umana (paleoantropologia). La paleontologia si fonda sullo studio dei fossili, organismi di ere geologiche passate (i più antichi risalgono a due miliardi di anni fa). Essi documentano le caratteristiche e le fasi dell’evoluzione biologica dall’era arcaica, alla paleozoica, alla mesozoica, alla cenozoica, alla quaternaria. Le prime ricerche sistematiche in tale campo furono quelle di Buffon (Epoche della natura, 1778) e di Cuvier (Ricerche sulle ossa fossili, 1812). Solo nel corso del XIX secolo, tuttavia, la paleontologia maturò il proprio statuto scientifico, con Lamarck, Geoffroy Saint-Hilaire, Wallace. Divisa in diversi ambiti di ricerca (paleostratigrafia, paleoecologia, paleogeografia, paleobiogeografia), la paleontologia servì a dimostrare la validità delle teorie evoluzionistiche e a ricostruire la distribuzione geografica e le caratteristiche ecologiche e climatiche degli ambienti in cui si formò la vita umana. La paleoantropologia ricostruisce, sempre fondandosi sull’analisi dei reperti fossili, la filogenesi della vita umana. Anch’essa si sviluppò come scienza nel XIX secolo, in età positivistica, ed ebbe in C. Darwin il fondatore della moderna teoria evoluzionistica. Lo studio dell’ominazione, cioè del processo evolutivo che dalle forme preominidi ha condotto alla formazione dei tipi umani attuali, e dell’evoluzione fisica e culturale della specie umana richiese la collaborazione interdisciplinare della paleoantropologia con varie discipline, come la paleontologia, la geologia e l’archeologia preistorica. Si scoprì che l’ominazione fu un processo lungo e complesso, segnato dalla progressiva acquisizione (rispetto ai primati) della stazione eretta, della locomozione bipede e dell’alimentazione onnivora e, insieme, dall’aumento della massa cerebrale. L’evoluzione dell’uomo fu divisa in tre fasi principali: il Miocene, il Pliocene, il Pleistocene. Nel Miocene, circa 25-20 milioni di anni fa, è documentata la presenza dei primi antropoidi, il Proconsul africanus e, successivamente (14-12 milioni di anni fa), il Ramapithecus, in Africa e Asia. Nel Pliocene, 5-2 milioni di anni fa, si diffuse l’Australopithecus africanus (come Lucy, rinvenuto in Etiopia). Nel Pleistocene (2-1,5 milioni di anni fa) nacque in Africa il primo tipo pienamente umano, l’Homo abilis, organizzato in comunità di cacciatori e raccoglitori, di cui è documentata l’intelligenza cosciente. Era infatti capace di linguaggio, dell’invenzione e costruzione di rudimentali strumenti artificiali (cultura olduviana: ciottoli scheggiati con bordo tagliente) e di trasmissione intergenerazionale delle conoscenze. Si trattò di una rivoluzione nel mondo della natura, che integrò il regno della necessità naturale con una dimensione che l’antropologia definì “culturale”, fondata sull’intelligenza e sulla spiritualità umana. Ulteriori evoluzioni furono l’Homo erectus, che si diffuse, a partire da 1 milione e 300 mila anni fa in Africa, Asia ed Europa, e che produsse la cultura amigdalica (manufatti a scheggiatura bifacciale, a forma di mandorla o amigdale); l’Homo sapiens (300-200 mila anni fa), che popolò tutti i continenti; l’Homo sapiens neanderthalensis (75-35.000 anni fa), di cui sono documentate forme di sepoltura e riti magico-religiosi. L’uomo moderno, o Homo sapiens sapiens, capace di ragionamento logico e di creatività artistica, nacque 35-10.000 anni fa come una variante mediorientale dell’uomo di Neandertal.