paleolitico superiore

Il paleolitico superiore è diffuso in Europa, nel Vicino Oriente, nell’Africa settentrionale e in alcune regioni finitime, tra l’interpleniglaciale würmiano e la fine del tardiglaciale (all’incirca tra 40.000-35.000 e 10.000 anni dal presente). In altre aree, come l’Africa centro-meridionale, l’Estremo Oriente e l’Asia sud-orientale, i complessi del paleolitico inferiore-medio evolvono senza che si realizzi il grande rinnovamento culturale che all’inizio del paleolitico superiore appare particolarmente marcato in Europa. Questo rinnovamento riguarda gli abitati (costituiti da capanne e da tende talora riunite in accampamenti), l’economia (caccia ai mammiferi di taglia media e grossa, con impiego di armi quali i giavellotti armati di punte d’osso o di selce, lanciati col propulsore nella fase recente; caccia agli uccelli con probabile impiego dell’arco e delle frecce, almeno a partire dalla fase media; impiego di arponi nella fase recente; pesca con l’impiego di ami di varia foggia; raccolta di molluschi marini eduli), le industrie (capacità di produrre lame e lamelle, e di lavorarle con diversi tipi di ritocco, producendo una grande varietà di strumenti e di armature, cioè di manufatti di piccole dimensioni e standardizzati, collocati in serie e fissati con mastice su supporti di legno o d’osso; lavorazione sistematica dell’osso, del corno e dell’avorio) e i comportamenti non utilitaristici, cioè le pratiche funerarie (sepolture, ecc.), l’uso di sostanze coloranti e di oggetti ornamentali, e le espressioni artistiche. Questo rinnovamento culturale accompagna la comparsa in Europa di un nuovo tipo umano, Homo sapiens sapiens, presente già all’inizio del glaciale di Würm nel Vicino Oriente, in un contesto culturale riferibile ancora al paleolitico medio. I siti più antichi, dove l’uomo anatomicamente moderno è associato a industrie del paleolitico superiore, si trovano nell’Europa meridionale (Balcani, Veneto, Liguria, Provenza, Linguadoca e Catalogna): da queste regioni i complessi del paleolitico superiore si sarebbero diffusi nelle altre regioni d’Europa. La comparsa delle industrie del paleolitico superiore in altre aree (Vicino Oriente, Africa settentrionale, Siberia) pare più tardiva.

  1. I complessi della fase antica
  2. I complessi del II pleniglaciale würmiano (25.000-15.000 anni dal presente)
  3. I complessi del tardiglaciale würmiano
1. I complessi della fase antica

La fase antica del paleolitico superiore corrisponde a parte dell’interpleniglaciale würmiano. Il I pleniglaciale (all’incirca tra 60.000 e 50.000 anni dal presente) è seguito da una fase di instabilità climatica, nella quale si alternano oscillazioni aride e fredde ad altre più umide e temperate; di esse si conosce sufficientemente la sequenza più recente: interstadio di Hengelo (attorno a 40.000 anni dal presente) – episodio freddo tra Hengelo e Arcy – interstadi di Arcy (32.000-30.000) e di Kesselt (29.000-27.000). In alcune regioni (penisola balcanica, Prealpi venete, regioni mediterranee occidentali) alle industrie musteriane segue l’aurignaziano; in altre regioni tra musteriano e aurignaziano si interpongono altri complessi, che presentano alcuni tratti caratteristici del paleolitico superiore, quali processi di scheggiatura rivolti alla produzione di lame, fabbricazione di punte d’osso, presenza di oggetti ornamentali. Questi caratteri, e l’associazione castelperroniano-uomo anatomicamente moderno, sostenuta sulla base del vecchio ritrovamento di Combe Capelle, sembravano giustificare l’attribuzione di questi complessi alla fase più antica del paleolitico superiore, ma la scoperta di una sepoltura neandertaliana in un deposito castelperroniano della grotta di Saint-Césaire (Charente-Maritime, 1979) e qualche altro ritrovamento analogo inducono oggi a ritenere che i complessi arcaici a punte a dorso (castelperroniano delle regioni occidentali-atlantiche, così chiamato dalla grotta di Châtelperron, caratterizzato da coltelli a dorso curvo, o punte di Châtelperron; uluzziano della penisola italiana, così chiamato dalla grotta del Cavallo, presso Uluzzo, e caratterizzato da piccoli coltelli a dorso e da grandi segmenti) e a punte foliate bifacciali (szélétiano, così denominato dalla grotta di Széléta, nei Monti di Bükk, in Ungheria e altri complessi dell’Europa media) siano stati prodotti dagli ultimi neandertaliani europei: alcuni autori sono inclini a ritenere che essi siano espressione di una sorta di acculturazione dei neandertaliani, a contatto con l’uomo di Cro-Magnon. A differenza di questi complessi, a diffusione regionale, l’aurignaziano presenta in tutta Europa una relativa uniformità tipologica sia nell’industria litica sia nelle punte d’osso: nonostante la grande area e i differenti ambienti in cui si diffonde (dalla Crimea alle coste atlantiche, nell’Europa media e meridionale, e nel Vicino Oriente) non pare possibile individuare delle facies regionali o legate a determinati ambienti. Ad esempio la facies caratterizzata dallo strumentario lamellare, detta anche facies Dufour (dal nome della grotta Dufour, nella Corrèze), ha un’ampia diffusione geografica, ma una differente collocazione cronologica nelle diverse regioni. Soltanto la tipologia delle punte di zagaglia, ricavate da sezioni di palchi di cervidi o da schegge di avorio, sembra assumere un significato cronologico: in varie regioni si è constatato che le punte a base “fenduta” sono più antiche di altre forme. Ciò può essere spiegato ammettendo che l’aurignaziano sia il prodotto dell’uomo anatomicamente moderno, e che la sua diffusione rappresenti la diffusione dell’uomo moderno in Europa: in effetti i resti scheletrici associati all’aurignaziano appartengono all’uomo anatomicamente moderno, anche se sono pochi (La Crouzade, Cro-Magnon, La Laouza, Mladec). Le tappe di questa diffusione possono essere così indicate sommariamente, sulla scorta delle datazioni radiometriche: prima di 35.000 anni da oggi, presenza dell’aurignaziano nei Balcani, nel Bacino del Danubio, nella Valle Padana, in Provenza e in Catalogna; intorno a 32.000 anni, presenza in quasi tutte le altre regioni europee. L’aurignaziano persiste in tutta l’Europa nell’interstadio di Arcy (32.000-30.000) e in alcune regioni (Provenza, Germania meridionale) anche nel II pleniglaciale würmiano, quando ormai è ampiamente diffuso il gravettiano. L’aurignaziano è ben caratterizzato dall’industria litica, che presenta un’associazione tipologica caratteristica (bulini con biseau carenato, grattatoi a muso e carenati, lame aurignaziane, lamelle Dufour, pezzi scagliati) e dall’industria su palco di cervide o avorio (punte di zagaglia). Nell’economia il ruolo più importante è sostenuto dalla caccia ai mammiferi, che in alcune regioni tende alla specializzazione: ad esempio la renna prevale largamente (83-95%) nei siti aurignaziani francesi. Accanto a essa in alcuni siti si sviluppano la caccia agli uccelli, la pesca e anche la raccolta dei molluschi marini eduli. Dell’aurignaziano conosciamo anche alcuni accampamenti, abitati per tutto l’anno, formati da capanne di solito seminterrate. Le sepolture, rare, suggeriscono riti molto complessi. Vi sono frequentemente associati oggetti ornamentali (denti di mammiferi con solcatura alla base della radice o con foro per la sospensione, conchiglie raccolte lungo le spiagge o nei depositi quaternari, oggetti di pietra o d’osso) e più raramente oggetti decorati. In due centri vengono prodotte opere d’arte: nel sud-ovest francese si tratta di grossolane incisioni che raffigurano animali e organi genitali; nel sud dell’Europa media di statuette in avorio scolpite a tutto tondo, che rappresentano animali o anche l’uomo. Recenti datazioni consentono di attribuire all’aurignaziano lo straordinario complesso di pitture della Grotta Chauvet-Pont d’Arc nell’Ardèche, che sono il prodotto di una cultura figurativa già matura, che aveva sperimentato e acquisito tecniche e linguaggi espressivi.

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2. I complessi del II pleniglaciale würmiano (25.000-15.000 anni dal presente)

Il II pleniglaciale würmiano è un lungo periodo a clima freddo e arido, intervallato da oscillazioni più umide (interstadi di Tursac 24.000-23.000, di Laugerie 20.000-19.000 e di Lascaux 18.000-17.000), che in tutta Europa favorisce il formarsi di ambienti steppici (steppa-tundra, steppa-foresta e steppa fredda nell’Europa media, steppa fredda e foreste di conifere nelle regioni più meridionali), mentre i boschi misti sono ristretti ad alcune aree di rifugio. Il ghiacciaio continentale formatosi sulla Scandinavia (inlandsis) si estende fino all’Europa media: la sua massima espansione è marcata dalle morene di Brandeburgo-Leszno-Bologovo e di Francoforte-Edrovo, datate tra 23.000 e 17.000 anni fa. Contemporaneamente si estendono anche i ghiacciai montani: nelle Alpi il limite delle nevi persistenti si abbassa fino a 1450 m, determinando il formarsi di una calotta dalla quale lingue di ghiaccio scendono lungo le vallate sino alla pianura. L’accumulo dei ghiacci sulle terre emerse determina una regressione delle linee di costa fino a -100 m rispetto all’attuale livello dei mari, che fa emergere le piattaforme continentali: le parti meridionali dell’Irlanda e della Gran Bretagna, libere dai ghiacci, sono collegate al continente; l’alto Adriatico è emerso, e la pianura Padana si estende sino alle Alpi Giulie e Dinariche. Il II pleniglaciale vede anzitutto una significativa modificazione culturale, espressa dall’affermarsi del gravettiano, complesso la cui origine è incerta. Una tecnica di scheggiatura raffinata, che sfrutta nuclei prismatici o piramidali, consente di ottenere lame e lamelle regolari, utilizzate per fabbricare armature litiche robuste, mediante un ritocco erto che le rastrema (punte de La Gravette). Queste punte venivano inserite su supporti di legno, per ottenere giavellotti e forse anche frecce. Il gravettiano si diffonde in tutta Europa, presentando alcuni tratti comuni sia per quanto riguarda le industrie sia per altri aspetti culturali (quali ad esempio le statuette femminili chiamate “veneri”), ma è differenziato tra un’area occidentale (che si estende dalle coste atlantiche fino alle regioni europee del Mediterraneo occidentale) e un’area centro-orientale. Alcuni manufatti di selce, di lavorazione complessa, sono specifici di ciascuna delle due aree: le “punte de La Font Robert” e i “bulini di Noailles” dell’area occidentale; i “coltelli di Kostienki” e le “punte a cran ” dell’area orientale. In corrispondenza della massima trasgressione glaciale le condizioni ambientali del vasto territorio tra inlandsis e Alpi diventano ostili all’uomo: i gruppi di cacciatori lentamente migrano sia verso Occidente, adattandosi progressivamente all’ambiente di foresta-tundra e di steppa, sia verso Oriente, occupando la tundra artica settentrionale e le steppe fredde meridionali. Il popolamento umano, nell’acme del pleniglaciale, è caratterizzato sia da una concentrazione di gruppi di cacciatori in aree ristrette, come il sud-ovest della Francia, la costa ligure, il sud della penisola italiana e la valle del Don, sia da un accentuato isolamento dei gruppi. Questo isolamento trova espressione nella differenziazione culturale, particolarmente accentuata nell’acme del II pleniglaciale e nei tempi successivi, fino al tardiglaciale: nell’area occidentale si sviluppano i complessi solutreani e quindi i complessi maddaleniani (così chiamati dal sito all’aperto di Solutré e dal riparo di La Madeleine). I primi sono caratterizzati da punte di selce foliate a lavorazione bifacciale, utilizzate come armature di giavellotti e forse anche di frecce; i secondi da alcune forme litiche come il bulino a becco di pappagallo e soprattutto dall’industria su corno, osso e avorio, materiali coi quali vengono fabbricati arponi, zagaglie, propulsori, bastoni forati, ecc. Nell’area europea centro-orientale e nell’area mediterranea la tradizione gravettiana persiste, dando luogo alla formazione dei complessi epigravettiani, ben differenziati da regione a regione. In Italia l’epigravettiano viene suddiviso in una fase antica, corrispondente al pleniglaciale, e in una fase recente, corrispondente al tardiglaciale: la prima è caratterizzata da un particolare tipo di armature litiche, con tacca basale (punte a cran). Strutture abitative, modo di vita ed economia sono differenziate in tre aree principali. Nell’area occidentale le capanne, circolari o rettangolari, erano costruite a livello del suolo; l’economia era basata sulla caccia alla renna e sulla pesca ai salmonidi. Nelle regioni circummediterranee la cacciagione rifletteva le associazioni faunistiche dei territori; nel pleniglaciale prevalevano gli equidi, nel tardiglaciale il cervo associato ad altre specie forestali. La raccolta dei molluschi marini eduli assunse un ruolo sempre più importante nel tardiglaciale. Nell’area prealpina erano cacciati soprattutto lo stambecco e l’alce, rimpiazzati nel tardiglaciale da cervo, capriolo e cinghiale. Nell’Europa centro-orientale nelle zone di tundra e di steppa-tundra i cacciatori erano specializzati nella caccia al mammut: oltre alla carne, ne venivano utilizzate le ossa (come materiale per la costruzione di capanne, di armi, di strumenti, di oggetti ornamentali, e anche come combustibile). Gli abitati dei cacciatori di mammut erano costituiti da agglomerati di capanne disposte attorno a un’area comune, con officine per la lavorazione della selce e dell’osso, fosse per i rifiuti, ecc., che potevano ospitare anche 100-150 persone; le capanne erano fabbricate con ossa di mammut (le capanne di Meziric erano costruite con le ossa di 100 mammut ciascuna). Le testimonianze archeologiche suggeriscono che i cacciatori di mammut fossero insediati stabilmente in abitati, dove il nutrimento era abbondante e dove il clima periglaciale rendeva possibile la conservazione degli alimenti (pare questo l’unico caso di sedentarismo prima della neoliticizzazione). Dai campi-base partivano spedizioni per la caccia o per l’approvvigionamento dei materiali litici; in alcuni siti gravettiani dell’Europa media le battute di caccia si spingevano fino a 70-100 km dal campo-base, le spedizioni per l’approvvigionamento della selce fino a 100-200 km. Ma alcuni materiali più pregiati e le conchiglie utilizzate come oggetti ornamentali vengono trovati anche a distanze maggiori dalle località di provenienza, fino a 500-600 km. L’abbigliamento può essere ricostruito sia su base iconografica, sia indirettamente dalla disposizione degli oggetti ornamentali fissati alle vesti, ritrovati in alcune sepolture. Gli abiti erano confezionati probabilmente con pelli; l’uso degli oggetti ornamentali (collane, bracciali, pendenti, ecc.) è frequente. Si conosce un buon numero di sepolture, che mostrano una notevole diversità di riti funerari, che vanno dalla posizione del cadavere, al corredo e agli oggetti ornamentali associati. Alcune sepolture (Sungir, Arene Candide, Saint Germain-la-Rivière) sono particolarmente ricche. Sono note anche sepolture multiple e pratiche funerarie diverse dalla sepoltura (cranio isolato del Mas d’Azil). Sono state avanzate varie ipotesi circa il modo di vita e l’organizzazione sociale dei cacciatori di questa fase del paleolitico superiore. Probabilmente i cacciatori di renne delle regioni occidentali vivevano in gruppi poco numerosi, forse unifamiliari, che si riunivano in periodi di maggiori disponibilità alimentari o in determinate ricorrenze. L’esistenza di un’organizzazione sociale collegata a pratiche di culto è suggerita dai “santuari”, costituiti dalle grotte dipinte del sud della Francia e della Cantabria, la cui decorazione richiese necessariamente un grande sforzo collettivo. In alcune grotte dipinte in quest’età sono rappresentati anche uomini mascherati (come il “dio cornuto” con la testa coronata da corna cervine, o il “piccolo stregone”, ricoperto dal vello di un bisonte) che forse raffigurano degli sciamani. I cacciatori di mammut dell’Europa centro-orientale occupavano invece sedi più stabili, formate da capanne di diversa consistenza, riunite talora in accampamenti organizzati che si presume ospitassero fino a 200 persone. Nel sito di Dolni Vestonice, in Moravia, dove si presume vivessero da 100 a 150 persone, una capanna isolata esterna al recinto dell’accampamento, in posizione dominante, associata a un forno utilizzato per la cottura di statuette d’argilla, doveva ospitare una persona che aveva una posizione di prestigio all’interno del gruppo, forse lo sciamano. A questa età risale la maggior parte delle opere d’arte del paleolitico superiore. Si tratta di oggetti ricavati da ciottoli, lastre o blocchi di pietra, osso, corno, avorio o modellati utilizzando un impasto d’argilla e polvere d’osso e quindi cotti (siti gravettiani della Moravia), di incisioni e pitture realizzate sulle pareti di caverne o di ripari sotto roccia con tecniche molto raffinate. Sono rappresentati animali (mammut, cavalli, bisonti, uri, cervi, renne, stambecchi, ecc.; pesci, rettili, uccelli), animali immaginari (“liocorno” di Lascaux), figure umane maschili e femminili, raramente complete, figure in parte animali in parte umane, figure fantastiche, e una tipologia varia di “segni” (frecce, rettangoli, tettiformi, ecc.). La disposizione delle figure e dei segni all’interno del “santuario” non è casuale, ma obbedisce a determinate regole.

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3. I complessi del tardiglaciale würmiano

Attorno a 15.000 anni dal presente l’inlandsis si ritira dall’Europa media, e sulla Scandinavia si riduce progressivamente, fino a dividersi in due parti, attorno a 10.000 anni fa. Questa età, chiamata tardiglaciale, è caratterizzata da una successione di oscillazioni più fredde e aride (corrispondenti alle zone polliniche a Dryas) intervallate da due oscillazioni più umide e temperate, corrispondenti alle zone polliniche Bïlling (13.000-12.000 anni dal presente) e all’oscillazione di Allerïd (11.700-10.900). La deglaciazione e la risalita delle linee di costa determinano sensibili modificazioni dell’assetto dei territori, aprendo nuove aree all’antropizzazione, e allo stesso tempo favoriscono l’instaurarsi di rapporti tra gruppi umani prima divisi da barriere geografiche o ecologiche. Le conseguenze più evidenti di questa situazione sono date dal progressivo ripopolamento della grande pianura europea da parte di gruppi provenienti dall’area maddaleniana, e la penetrazione dei cacciatori epigravettiani nell’area alpina meridionale. In questa età si realizzano importanti fenomeni di adattamento di gruppi di cacciatori-raccoglitori in differenti nicchie ecologiche. Lungo le coste mediterranee si sviluppano dei sistemi economici misti, nei quali accanto alla caccia ai mammiferi di grossa taglia vengono praticate la caccia agli uccelli, la pesca, la raccolta dei molluschi eduli. Nelle Prealpi e nelle Alpi gruppi di cacciatori si spostano stagionalmente dal fondovalle alla montagna medio-bassa, sfruttando le risorse delle due aree. [Alberto Broglio]

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