Norvegia

Stato attuale dell’Europa settentrionale.

  1. Dalle origini al medioevo
  2. La Norvegia sotto l’egemonia danese (1387-1814) e poi svedese (1815- 1905)
  3. La Norvegia indipendente
1. Dalle origini al medioevo

Le prime tracce della presenza dell’uomo nel territorio dell’odierna Norvegia risalgono al paleolitico. Ne sono testimonianza la cultura di Fosna (XI millennio a.C.) e la cultura di Komsa (IX-VIII millennio a.C.). Del neolitico, che vide il sovrapporsi di genti provenienti dall’area tedesca ai primi abitanti, rimangono numerose testimonianze: villaggi, costruzioni megalitiche, incisioni e iscrizioni in caratteri runici. Fu soltanto a partire dalla fine dell’VIII secolo che i vichinghi stanziati in Norvegia entrarono in contatto con il resto dell’Europa. Allora infatti, per una concomitanza di fattori quali l’incremento demografico, lo sviluppo delle tecniche di navigazione, la conflittualità all’interno dell’aristocrazia locale, essi avviarono un moto di espansione verso l’Europa continentale (Francia), l’area britannica, l’Atlantico settentrionale e il Mediterraneo (Italia meridionale). Dapprima a scopo di semplice razzia, poi con l’intento di trovare nuove terre con cui commerciare e su cui insediarsi, i vichinghi norvegesi raggiunsero la Groenlandia, le isole Föroyar e l’Islanda (toccando, probabilmente intorno all’anno 1000, anche le coste del Labrador). In Scozia, in Inghilterra, in Francia e in Sicilia essi costituirono dei regni che rimasero a lungo in contatto con la terra d’origine. In territorio propriamente norvegese la costituzione di una vera e propria entità statale si realizzò nel IX-X secolo con la dinastia locale degli Ynglinger, soprattutto grazie all’opera di Aroldo I Bella Chioma († 933 circa). Alla morte di questi il riesplodere della conflittualità all’interno dell’aristocrazia favorì l’invasione della Norvegia meridionale da parte dei danesi. Seguì un secolo di lotte per la riconquista che impegnarono, con alterne fortune, i successori di Aroldo. In un primo tempo fu Olaf I (995-1000) a imporsi sulle tendenze particolaristiche della nobiltà locale e a condurre un’energica campagna antidanese. La sua morte nella battaglia di Svolder non consentì agli Ynglinger di ristabilire la loro autorità sul territorio norvegese (ai danesi rimase un’ampia zona intorno a Oslo). Altrettanto sfortunato fu il tentativo di Olaf II (1015-28), che dopo un’effimera riconquista dell’intera Norvegia, fu detronizzato da una sollevazione nobiliare fomentata da Canuto II il Grande di Danimarca e costretto alla fuga (1028). In questi stessi anni i contatti stabiliti con vari paesi europei grazie alle spedizioni e agli insediamenti vichinghi favorirono anche la penetrazione del cristianesimo che, introdotto da Olaf I, si impose definitivamente durante il regno di Olaf II. Durante l’esilio di questi il paese passò sotto il diretto controllo danese (1028-35). Alla morte di Canuto II, tuttavia, la nobiltà e il clero offrirono la corona a Magnus I il Buono (1035-1047), figlio di Olaf II, che per breve tempo fu anche re di Danimarca (1042-47). A partire dalla fine dell’XI secolo il potere regio iniziò a consolidarsi. Si ebbe anche un relativo sviluppo economico, culturale e poi anche territoriale del paese, soprattutto durante i regni di Håkon IV (1217-63) e del figlio Magnus VI (1263-80). Durante il regno di Håkon IV riprese la spinta espansionistica con la conquista delle Orcadi e delle Shetland e con l’acquisizione di Islanda e Groenlandia. Con Magnus VI detto Lagaböter (il Legislatore), la Norvegia si diede un codice che regolava in modo organico la materia giuridica e amministrativa (1274), consolidando ulteriormente il potere monarchico. Il periodo di relativa prosperità perdurò fino alla metà del XIV secolo, quando i drammatici effetti della peste (1349-50) misero a nudo le contraddizioni di un paese che aveva profuso grandi sforzi in campagne di espansione verso aree come quelle dell’Atlantico settentrionale, economicamente povere, e che si era visto progressivamente sottrarre i mercati più ricchi dalla Lega anseatica.

Top

2. La Norvegia sotto l’egemonia danese (1387-1814) e poi svedese (1815- 1905)

La dinastia degli Ynglinger si estinse con la morte di Håkon V (1299-1319). Per un breve periodo la corona norvegese fu quindi unita a quella svedese nella persona del re di Svezia Magnus Eriksson (1319-55). Gli succedette il figlio Håkon VI. Alla morte di questi (1380), la moglie Margherita di Danimarca divenne reggente per il figlio Olaf e, alla sua morte, fu incoronata regina di Danimarca e Norvegia (1387). Fu così stabilita un’unione fra i due paesi che durò sino al 1814. L’unione di Norvegia e Danimarca con la Svezia, sancita dall’unione di Kalmar (1397), durò soltanto fino al 1523. Il lungo periodo durante il quale la Norvegia fu unita alla Danimarca segnò la progressiva decadenza del paese, che fu ridotto a provincia e completamente subordinato alla volontà e agli interessi della Danimarca. Segni evidenti di questa condizione furono la forzata accettazione norvegese della perdita delle Orcadi e delle Shetland, consegnate dai danesi alla Scozia (1469), e l’altrettanto forzata accettazione del monopolio anseatico del commercio norvegese con l’Islanda. La fine di ogni residua autonomia norvegese si realizzò durante il regno di Cristiano III (1534-59), quando fu unificata la struttura amministrativa dei due paesi e furono imposti la lingua danese e il luteranesimo (1536). Dalla seconda metà del XVI secolo a tutto il Seicento la Norvegia fu coinvolta nelle guerre fra la Danimarca e la Svezia per il predominio sul Baltico, che si conclusero solo con la morte del sovrano svedese Carlo XII (1718) e con la pace di Nystad (1721). Seguì quasi un secolo di pace, durante il quale la Norvegia iniziò a risentire di alcuni effetti positivi (almeno dal punto di vista economico) di quel processo di riorganizzazione delle strutture statali che i danesi avevano avviato con Cristiano III ma che poi le lunghe guerre avevano in gran parte vanificato. Il relativo miglioramento della situazione economica si accompagnò al sorgere, tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, di istanze indipendentistiche, che si fecero più forti quando la Danimarca coinvolse la Norvegia nella guerra a fianco della Francia napoleonica contro l’Inghilterra (1807). In quell’occasione, infatti, emerse chiaramente che Norvegia e Danimarca avevano interessi profondamente diversi nel quadro delle alleanze internazionali: la prima avrebbe infatti guardato all’Inghilterra come sua naturale alleata, dati i vincoli commerciali esistenti fra i due paesi, mentre la seconda si schierava con la Francia. Nel 1814, con il trattato di Kiel, la Norvegia fu ceduta dalla Danimarca alla Svezia (in cambio della Pomerania). Un’assemblea costituente convocata a Eidsvall proclamò tuttavia l’indipendenza del paese, elaborò una costituzione che doveva fare della Norvegia una monarchia costituzionale e offrì la corona al principe ereditario danese Cristiano VIII. Nel 1815 la Svezia accettò la costituzione norvegese (che prevedeva un’assemblea legislativa eletta a suffragio censitario, lo Storting), ma non l’indipendenza del paese: re di Norvegia divenne quindi Carlo XIII di Svezia. L’unione fra Norvegia e Svezia durò fino al 1905. In questo periodo il paese conobbe una notevole crescita economica (basata sul potenziamento della flotta commerciale, sulla pesca, sullo sfruttamento del legname e delle miniere), culturale e civile. Una serie di provvedimenti presi alla metà del XIX secolo – la concessione della libertà professionale ad artigiani e commercianti, del pieno diritto di dissenso religioso, dei diritti politici a servi e fittavoli – e poi soprattutto l’introduzione del suffragio universale maschile nel 1898 (allargato alle donne nel 1913) resero possibile la costituzione di una società relativamente avanzata, che all’inizio del XX secolo si riteneva pronta per la piena indipendenza. Di fronte ai ripetuti rifiuti da parte svedese di concedere alla Norvegia un corpo consolare e un proprio esercito, nel 1905 il parlamento norvegese decise di separarsi dalla Svezia, come fu confermato da un referendum popolare. Nell’ottobre la Svezia riconobbe l’indipendenza della Norvegia, a capo della quale fu eletto dallo Storting il principe Carlo di Danimarca, che prese il nome di Håkon VII (1905-1957).

Top

3. La Norvegia indipendente

Dopo un quinquennio in cui si registrò ancora un accordo fra la destra e la sinistra all’interno dello Storting, dal 1910 al 1912 nella vita politica nazionale prevalsero i liberali. In seguito furono invece i partiti della sinistra, al cui interno il Partito laburista (sorto nel 1887) si confermò come la principale forza politica, a guidare il paese fino alla seconda guerra mondiale (se si escludono i brevi intervalli del 1920-21, 1923-24, 1926-27 in cui si formarono governi di destra e del 1930-33 in cui prevalse il Partito dei contadini). Durante la prima guerra mondiale la Norvegia si mantenne neutrale. Il lungo periodo di pace e l’impegno dei governi sul terreno delle riforme sociali ed economiche – fu creato un sistema assicurativo, assistenziale e previdenziale assai avanzato e venne dato nuovo impulso all’industria chimica, elettrica e cartaria – permisero al paese di raggiungere notevole benessere e stabilità interna, che non furono seriamente compromessi neppure dagli effetti della crisi del 1929. Allo scoppio del secondo conflitto mondiale la Norvegia, nonostante la dichiarazione di neutralità, fu occupata dalle truppe naziste nell’aprile del 1940. Vennero allora sciolti tutti i partiti e fu creato un governo collaborazionista guidato da V. Quisling che, nonostante la sistematica violenza cui fece ricorso, non riuscì a piegare la resistenza della maggioranza della popolazione ai nazisti. La Norvegia fu liberata all’inizio del 1945. Nel maggio il principe ereditario Olaf, comandante delle forze norvegesi durante la guerra, rientrò nel paese, e nel giugno dello stesso anno si formò un governo di coalizione. Giustiziato Quisling, nell’ottobre le elezioni diedero la maggioranza ai laburisti. In politica estera la Norvegia abbandonò nel secondo dopoguerra la linea di stretta neutralità cui si era precedentemente attenuta. Inserita nel blocco occidentale, non assunse tuttavia posizioni antisovietiche. Nel 1945 aderì all’ONU, nel 1948 all’OECE, al Consiglio d’Europa, al Comitato permanente di difesa scandinava, e infine, nel 1949, al Patto Atlantico, con la clausola però di non accogliere basi militari straniere dentro i suoi confini. In politica interna il Partito laburista guidò il paese fino al 1965, riprendendo la linea riformista di ispirazione socialdemocratica già avviata nel periodo prebellico. Nel 1957 salì al trono Olaf V. Dalla metà degli anni Sessanta la socialdemocrazia registrò una perdita di consenso per l’impopolarità delle misure fiscali necessarie a mantenere uno stato fortemente assistenziale e a fronteggiare l’inflazione. Nel settembre del 1965 le elezioni furono vinte dalle forze moderate: si costituì quindi un governo di coalizione fra i partiti di centro sotto la guida di P. Borten, leader del Partito del centro agrario, che dovette affrontare la controversa questione dell’adesione della Norvegia alla CEE, poi bocciata da un referendum popolare nel 1972 durante il governo laburista di Bratteli. Alle elezioni del 1973 e del 1977 i laburisti riottennero la maggioranza e il governo. Dopo le elezioni del 1981 si formò un governo di coalizione formato da conservatori, cristiano-popolari e centristi. In una situazione economica assai difficile, le elezioni del 1985 ridiedero la maggioranza alle forze governative, che non riuscirono tuttavia a mantenere il governo per tutta la legislatura. Al conservatore K. Willoch subentrò allora la laburista G.H. Brundtland, che presiedette un governo di minoranza delle forze di sinistra. Dopo le elezioni del 1989, che registrarono la crescita del Partito del progresso, xenofobo e qualunquista, si formò una coalizione tripartita capeggiata da Jan Peder Syse comprendente conservatori, cristiano-popolari e centristi. Spaccatasi nuovamente sulla questione dell’ingresso nella CEE, essa lasciò il posto a un nuovo governo socialista presieduto da Gro Harlem Brundtland, la quale si impegnò a portare il paese nell’Unione Europea; se non che nel 1994 un referendum popolare respinse l’adesione all’Unione. Nel 1996 la Brundtland rassegnò le dimissioni. Le elezioni del 1997 diedero la maggioranza a una coalizione di destra, che costituì un governo con a capo il democristiano Kjell Magne Bondevik, riconfermato alle elezioni del 2001. Nelle successive elezioni del 2005 il partito laburista tornò alla guida del paese e, sotto la guida del suo leader, Jens Stoltenberg, formò un governo di coalizione con il partito di centro. Riconfermato all’indomani delle elezioni parlamentari del 2009, Stoltenberg si impegnò a fondo nella riforma della sanità pubblica e affrontò con decisione la questione dell’immigrazione, imponendo ulteriori restrizioni. Negli anni Duemila, il paese si proiettò sulla scena della politica internazionale, svolgendo un ruolo di primo piano nelle trattative tra Israele e l’OLP e prendendo parte alle missioni NATO in Afghanistan e in Libia.

Top