Niger

Stato attuale dell’Africa centrosettentrionale. Abitato sin dall’epoca preistorica – come testimoniano ritrovamenti nella zona del Sahara che risalgono al paleolitico superiore – il paese fu attraversato già nel I millennio a.C. da una delle grandi piste transahariane che collegavano la parte settentrionale del continente all’area del Ciad. I berberi raggiunsero la zona corrispondente all’attuale Niger nell’alto medioevo, talora sovrapponendosi agli hausa, talora provocando lo spostamento di questi ultimi verso le regioni meridionali. Fra il X e il XIX secolo la zona orientale fece parte del regno del Kanem-Bornu (Ciad), mentre in quella meridionale si costituirono le città stato degli hausa, che nel corso del XV secolo entrarono in conflitto con l’impero songhai (Mali). Dopo la caduta di quest’ultimo nel 1591, gli stati hausa si esaurirono nel corso del XVII e XVIII secolo in una serie di conflitti con il vicino regno del Bornu. A seguito dell’insurrezione dei peul (o fulbe) del 1804, tutta l’area del Niger fu poi unificata, nel XIX secolo, sotto il loro dominio. Difficilmente accessibile, il paese fu raggiunto dai francesi soltanto alla fine del XIX secolo. La conquista militare incontrò forti resistenze da parte dei tuareg (discendenti dei berberi) e dei senussi, e la pacificazione del paese poté essere conclusa soltanto dopo il 1916. Frattanto la Francia aveva proceduto a una prima forma di organizzazione del territorio: nel 1899 la zona occidentale del paese era stata unita al territorio militare dell’Alto Senegal e Niger, mentre la restante parte era stata posta alle dipendenze del Dahomey. Nel 1911 tutto il paese passò poi sotto il controllo del governatore generale dell’Africa occidentale francese e, nell’ottobre 1922, divenne “colonia del Niger”. Il processo di decolonizzazione ebbe inizio con la legge quadro del giugno 1956, e dopo il referendum istituzionale del settembre 1958 il Niger divenne una repubblica autonoma all’interno della Comunità francese. Grazie soprattutto all’opera di Hamani Diori, leader della sezione nigeriana dell’Unione democratica africana (RDA), il paese raggiunse la piena indipendenza nell’agosto 1960. Nel novembre dello stesso anno Diori divenne presidente della repubblica. Appoggiandosi a un partito unico, il Partito progressista nigeriano (PPN), Diori fu rieletto nel 1965 e nel 1970, e poté guidare il Niger – che godette in questi anni di una notevole stabilità politica e di una situazione economica relativamente buona dopo la scoperta di ricchi giacimenti di uranio – sino al colpo di stato dell’aprile 1974. Gli effetti della grave crisi economica provocata dalla siccità del 1973 e la corruzione dilagante nei quadri dirigenti crearono allora le condizioni per la formazione nel 1974 di una giunta militare presieduta da Seyni Kountché, capo di stato maggiore dell’esercito. Questi sospese la costituzione, ma cercò anche di mantenere stretti rapporti economici con la Francia. Dopo un tentativo di colpo di stato nel 1976, l’allargamento del governo ai civili nell’agosto 1978 (scelta compiuta da Kountché anche per i notevoli contrasti in seno ai militari) e un secondo tentativo di golpe nel corso del 1983, nel 1984 si diede inizio al processo di democratizzazione attraverso l’elaborazione di una nuova carta costituzionale, approvata poi nel 1987. La seconda metà degli anni Ottanta fu segnata da gravi contrasti etnici fra i nomadi tuareg e toubou (della parte settentrionale del paese) e la maggioranza hausa. Alla morte di Kountché, nel novembre 1987, la sua carica fu ricoperta dal cugino Alì Seibou, che nel settembre 1989 fece approvare mediante referendum una nuova costituzione, creò un partito unico e si fece riconfermare alla presidenza. Le proteste studentesche del febbraio 1990 spinsero Seibou ad annunciare riforme volte alla democratizzazione della vita politica. Alle prime elezioni libere del 1993 fu eletto presidente della repubblica il socialdemocratico Mahaman Ousmane; ma questi e il suo governo furono abbattuti nel 1996 da un colpo di stato militare, il cui capo, Ibrahim Barré Mainassara, assunse la carica di presidente. Questi fu assassinato nel 1999 e una giunta militare assunse temporaneamente il potere. Una questione irrisolta e al centro di gravi contrasti interni continuò a essere quella dei nomadi tuareg, in lotta per salvaguardare la loro autonomia. Nel 2000 fu promulgata una nuova costituzione e, dopo l’indizione di elezioni democratiche, fu ristabilito il governo civile, sotto la guida del Presidente Mamadou Tandja, che fu riconfermato nel 2004. Nel 2009, anziché lasciare la presidenza, Tandja richiese il prolungamento per altri tre anni del suo mandato. Di fronte al divieto opposto dalla Corte costituzionale, Tandja dissolse il parlamento e assunse i pieni poteri, ma nel febbraio del 2010 fu deposto da un colpo di stato, che affidò a un governo di transizione guidato da Mamadou Danda il compito di ristabilire la democrazia. Nelle elezioni del 2011 si affermò il Partito per la democrazia e il socialismo e il suo leader, Mamadou Issoufou, divenne il nuovo presidente.