Nietzsche, Friedrich Wilhelm

(Röcken, Sassonia, 1844, † Weimar 1900). Filosofo tedesco. Tra i pensatori che hanno maggiormente influenzato il Novecento, fu al tempo stesso uno degli autori più controversi e travisati (anche per il carattere non sistematico dei suoi scritti). Dagli iniziali studi di filologia, dalla lettura di Schopenhauer e dalla frequentazione di Richard Wagner trasse ispirazione per le sue prime opere (La nascita della tragedia, 1872; Considerazioni inattuali, 1873-76), incentrate sulla critica del razionalismo europeo di matrice socratica. A partire da Umano, troppo umano (1878) si dedicò all’analisi dei fondamenti culturali della filosofia, della religione e della morale occidentali, da lui sottoposti a critica in quanto espressioni razionalizzate dell’ideale ascetico. Questo nasce dall’attribuzione di significati ultimi alla sofferenza e alla (auto)limitazione, come nel caso della tradizione giudaico-cristiana. La svalutazione dei valori sostenuti dall’ideale ascetico porta al nichilismo, alla scomparsa dei fondamenti assoluti metafisici e filosofici, che rende l’età moderna priva di ogni significato e scopo. Ma poiché la maggioranza dell’umanità non può accettare la scomparsa dell’ideale ascetico e la “morte di Dio”, essa si crea dei falsi assoluti con cui (ri)dare un senso alla vita; uno di questi è il nazionalismo, l’assolutizzazione dello stato nazionale, che Nietzsche avversò risolutamente (e della quale fu invece reso un profeta dal nazionalsocialismo). In Così parlò Zarathustra (1883-85) e in scritti successivi (Al di là del bene e del male, 1886; La gaia scienza, 1887) emerge il concetto centrale della volontà di potenza, l’istinto per la crescita e la conservazione, assente nei valori supremi dell’umanità; un’assenza che viene mascherata dalla filosofia, dalla religione e dalla morale tradizionali per nascondere l’inevitabile declino. Il massimo impulso, ma allo stesso tempo il dominio e la spiritualizzazione, degli istinti (secondo il modello dell’uomo greco, romano e rinascimentale) sono invece decisivi per l’avvento del superuomo, che rappresenta il dominio della vita, il superamento dell’uomo e l’attuazione del suo destino in una prospettiva caratterizzata dalla negazione della linearità del tempo, e quindi di un fine ultimo della storia (la dottrina dell’“eterno ritorno”). Sul piano politico ciò si traduce nell’ostilità per la democrazia e il socialismo in quanto fautori dell’uguaglianza di ciò che è diseguale, ma soprattutto per lo stato in quanto onnipotente e dominato dalla borghesia, classe falsa e avida.