neutralismo

Indica in generale l’adesione, da parte di uno stato, un partito o un movimento di opinione, alle ragioni – ideali o contingenti – della neutralità, cioè dell’astensione da una guerra specifica o da qualsiasi guerra (neutralità perpetua, come nel caso della Svizzera). Importante nella storia d’Italia fu il dibattito tra i fautori del neutralismo e dell’interventismo all’inizio della prima guerra mondiale, tra il 1914 e il 1915. Erano neutralisti: i liberali giolittiani, convinti che l’Italia fosse impreparata alla guerra; i socialisti, sostenitori dell’internazionalismo e contrari alla guerra imperialistica; i cattolici, sensibili all’ideale pacifistico. Nonostante lo schieramento neutralistico contasse su una maggioranza parlamentare, trionfò l’interventismo, sostenuto da poteri forti come la corte, l’esercito e la grande industria e da grandi manifestazioni di piazza (le “radiose giornate di maggio”). Altro esempio di neutralismo, estremamente importante nella storia del secondo dopoguerra, fu la scelta di numerosi stati di non allinearsi all’interno dei blocchi delle due superpotenze (USA e URSS) e di costituire un Terzo Mondo antimperialistico, pacifistico e solidaristico (Conferenza di Bandung, 1955). Protagonisti del non allineamento furono l’India di Nehru, l’Egitto di Nasser, la Iugoslavia di Tito (Conferenza di Belgrado, 1961) e la Cina.