neolitico

  1. Definizione del termine
  2. Le grandi trasformazioni del neolitico
  3. Gli insediamenti neolitici
  4. Gli insediamenti neolitici in Italia
1. Definizione del termine

Il termine “neolitico” venne impiegato per la prima volta da John Lubbock nel 1865. Egli suddivise la preistoria in quattro grandi periodi, al secondo dei quali, posteriore all’età paleolitica, attribuì il termine di neolitico. Per Lubbock questo è lo stadio culturale della pietra levigata, caratterizzato dalla presenza di armi e di strumenti di selce, durante il quale manca ancora ogni traccia della presenza del metallo. Mentre in un primo tempo il termine neolitico venne utilizzato principalmente da un punto di vista tecnico, vale a dire basandosi pressoché esclusivamente sui caratteri degli elementi della cultura materiale, con l’avanzare degli studi il significato del termine ha acquisito caratteri più complessi; questo sta infatti a indicare il cambiamento più importante nei modelli di vita e comportamentali del genere umano.

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2. Le grandi trasformazioni del neolitico

Con il neolitico l’uomo muta la sua base alimentare trasformandosi da cacciatore-raccoglitore in agricoltore-allevatore. L’acquisita capacità di produrre cibo muta completamente i suoi rapporti con il mondo circostante. Il controllo delle fonti di approvvigionamento alimentare, sia vegetali che animali, portano come conseguenza l’introduzione di nuove tecniche e manufatti, quali l’invenzione della ceramica e degli strumenti in pietra levigata. La progressiva sedentarizzazione delle comunità comporta una variazione dei modelli di insediamento, con la presenza di grandi villaggi stabili con strutture abitative e sociali sempre più complesse. Si sviluppa il commercio per via terrestre e marina. In relazione a tali trasformazioni, nel 1925 lo studioso australiano Gordon Childe elaborò per la prima volta il concetto di “rivoluzione neolitica”. Secondo questo autore, il processo di neolitizzazione si sarebbe sviluppato in modo abbastanza repentino, in alcune aree geografiche specifiche del Vicino Oriente a seguito di un periodo di forte crisi climatica e ambientale. Anche se oggi, grazie a una quantità di lavori portati avanti in particolar modo nella cosiddetta Mezzaluna Fertile e nei territori adiacenti, sappiamo con certezza che il processo di neolitizzazione fu lungo e progressivo (e non repentino come suggerito da Childe) e attraversò una serie di stadi durante i quali i rapporti fra le comunità umane e il mondo vegetale e animale si intensificarono costantemente sino a portare alla domesticazione completa di alcune specie, le tesi di Childe restano un capitolo fondamentale negli studi di preistoria moderna. È chiaro che tale processo poté svilupparsi solo in quelle regioni dove erano presenti gli elementi essenziali perché la nuova condizione potesse affermarsi: vale a dire in quei territori dove erano presenti in natura delle specie vegetali e animali potenzialmente domesticabili.

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3. Gli insediamenti neolitici

È nella penisola anatolica, nel Kurdistan, in Siria, in Giordania e in Palestina che le ricerche condotte a partire dalla fine della seconda guerra mondiale hanno rivelato una quantità di insediamenti neolitici, i più antichi dei quali databili intorno al IX-VIII millennio a.C. Attraverso lo studio di tali insediamenti gli studiosi sono stati in grado di interpretare stadi diversi e progressivi dei nuovi modelli sussistenziali e sociali. Sappiamo oggi dell’esistenza di diversi momenti, chiamati semplicisticamente preceramici, in cui già sono presenti elementi chiaramente neolitici (specie vegetali e animali domestici, quali frumento, orzo, legumi, capre e pecore; presenza di macine e di strumenti in pietra levigata), pur non essendo ancora documentato l’impiego della ceramica. Il processo si estese poi, nell’arco di circa due millenni in tutto il bacino del Mediterraneo. L’impiego di datazioni radiometriche, e radiocarboniche (preistoria) in particolare, ha facilitato notevolmente lo studio della diffusione del neolitico in Europa. Al momento attuale non sembra che esistano con certezza dei fulcri di diffusione del neolitico nel Vecchio Continente. In Europa, nel VI millennio il neolitico si presenta nella penisola balcanica con diversi gruppi culturali riconosciuti in Grecia (proto-Sesklo e Sesklo), Bulgaria (Karanovo), ex Iugoslavia (Starcevo), Romania e Ungheria (Körös). Sulle coste del Mediterraneo centrale e occidentale è documentata, nello stesso millennio, la corrente culturale della Ceramica Impressa, frazionata in molteplici aspetti, così definita sulla base dei motivi ornamentali caratteristici che ricoprono le pareti dei reperti fittili più rappresentativi.

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4. Gli insediamenti neolitici in Italia

In Italia la cultura della Ceramica Impressa è rappresentata da diversi aspetti anche notevolmente differenziati fra loro. In Sicilia e in Calabria è noto lo Stile di Stentinello, così chiamato dall’insediamento eponimo in provincia di Siracusa, con capanne a pianta rettangolare, delimitato da un fossato rinforzato da un muro di pietre a secco. Recenti ricerche sistematiche eseguite nella piana di Acconia, all’interno del golfo di Sant’Eufemia, in Calabria, hanno permesso di riconoscere decine di insediamenti di questa cultura dislocati sull’alto delle dune di sabbia. La ceramica di Stentinello è forse la più bella del neolitico italiano. Le decorazioni a rocker, a chevron, a cerchi concentrici, a triangoli e quadrati impressi, ricoprono sia la parete esterna che quella interna del recipiente, spesso con superfici lucide ben trattate. Il commercio dell’ossidiana era sistematicamente praticato dai neolitici di Acconia che si approvvigionavano del vetro vulcanico proveniente dalle fonti liparitiche. Lungo la costa sudorientale della penisola italiana, numerosi insediamenti di questa corrente culturale sono stati scavati lungo le coste della Puglia e del promontorio del Gargano. Si tratta di un aspetto diverso da quello dell’area tirrenica, con ceramiche decorate con motivi semplici a impressione strumentale e a polpastrello, piuttosto simili a quelle che si rinvengono lungo le sponde orientali dell’Adriatico. Anche proseguendo verso nord, nelle Marche e in Romagna, sono noti insediamenti di questa cultura, le cui datazioni radiometriche cadono fra la metà e la fine del V millennio. Di importanza fondamentale per lo studio del neolitico in Italia, sono stati gli scavi condotti da Luigi Bernabò Brea nella Caverna delle Arene Candide in Liguria. La cavità, che si apre con imbocco rivolto a meridione, a quota 89 m sul livello del mare lungo il versante sud del Monte Caprazoppa, presso Finale Ligure, ha restituito una sequenza stratigrafica tuttora ritenuta fondamentale per lo studio del neolitico dell’Italia settentrionale. Qui i livelli neolitici più antichi, rappresentati appunto dalla corrente culturale della Ceramica Impressa, sono stati datati all’estrema fine del VI millennio. Per quanto si tratti di un sito particolare, un abitato in caverna appunto e non un insediamento all’aperto, i dati forniti dagli scavi degli anni Quaranta e Cinquanta, ci mostrano una comunità in possesso di elementi pienamente neolitici. Anche in questo sito è documentato il commercio dell’ossidiana dagli affioramenti insulari. Le ceramiche presentano decorazioni peculiari, caratteristiche solo della Liguria di Ponente, mentre pochi confronti sono estendibili ai reperti della Francia meridionale. Ma la serie delle Arene Candide non è solo importante per questi primi aspetti neolitici. La stratigrafia prosegue verso l’alto con una seriazione completa del neolitico medio (cultura dei vasi a bocca quadrata) e della posteriore cultura di Chassey, nel suo aspetto Ligure. Estranee alla corrente culturale della Ceramica Impressa restano la Pianura Padana e quella Friulana. L’affermazione del neolitico in queste regioni avviene relativamente tardi, intorno alla fine del V millennio. Gli studi recenti hanno dimostrato che in questo periodo un mosaico di aspetti culturali regionali, distinti soprattutto sulla base dell’analisi tipologica delle ceramiche, copriva tutto il territorio. L’aspetto che sembra aver avuto un’estensione dominante, distribuito in Emilia, nel Veneto, ma anche oltre l’Appennino in Toscana settentrionale, è quello di Fiorano, dal sito eponimo nel Modenese. I contatti fra i siti della cultura di Fiorano e altri dell’Italia centrale, sono documentati dalla presenza di frammenti fittili caratteristici in svariate località, fra cui Ripoli in Val Vibrata. La ceramica di Fiorano è molto tipica, dato che presenta forme e decorazioni (solcature appaiate e impressioni a foglioline) peculiari. Sia in Val Padana che nel Friuli i siti neolitici sono caratterizzati dalla presenza di pozzetti di rifiuto. Nulla è noto delle strutture abitative, di cui non abbiamo documenti di scavo. La presenza di cariossidi di frumento di tre diverse specie, di orzo domestico, di elementi di falcetto messorio e di macine da cereali, indicano che la cerealicoltura era già alquanto sviluppata. Mentre nel neolitico medio si sviluppano in Italia meridionale culture caratterizzate dalla presenza di ceramiche dipinte, nella Val Padana fa la sua comparsa, all’inizio del IV millennio, la cultura dei vasi a bocca quadrata, cosi denominata dalla forma dei suoi recipienti più caratteristici. Con questi aspetti si sviluppano le culture del neolitico pieno, con una base sussistenziale fondata spesso in larga misura, almeno per quanto riguarda l’Italia Padana, sull’allevamento dei bovini, anche se non mancano eccezioni al riguardo. I rapporti con i paesi balcanici, o meglio con gli aspetti coevi della costa dalmata, sembrano sotto certi aspetti intensificarsi; e così pure quelli con la Penisola, data la presenza al nord, sino in Trentino, di reperti vascolari, o di rifacimenti locali, della cultura meridionale di Serra d’Alto. La fine dei tempi neolitici è segnata, nell’Italia settentrionale, dall’insorgere degli aspetti occidentali di Chassey prima e di Lagozza poi; al sud dall’affermarsi della cultura di Diana, dal sito di Contrada Diana sul Castello di Lipari, che sembra diffondersi verso nord sino alla costa romagnola. Le ceramiche monocrome brune levigate di Chassey fanno la loro comparsa, nella stratigrafia delle Arene Candide, nella seconda metà del IV millennio. All’incedere di questa cultura verso oriente fa seguito la graduale scomparsa della cultura dei vasi a bocca quadrata, sino a questo momento distribuita su tutto il territorio dell’Italia settentrionale. Più recente di questa, inquadrabile intorno alla fine dello stesso millennio e ai primi secoli del seguente, è la cultura di Lagozza la cui derivazione dalla cultura di Chassey è documentata sia dagli elementi vascolari che da quelli litici. [Paolo Biagi]

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