Mozambico

Stato attuale dell’Africa sudorientale. Fin dal X secolo le sue coste furono frequentate da mercanti arabi, che si spinsero anche nell’interno monopolizzando il commercio dell’avorio, del ferro e dell’oro. Mentre la zona settentrionale del paese rimase dominata fino al XIX secolo da una civiltà bantu le cui etnie erano ancora legate a un’economia di sussistenza e non costruirono organizzazioni politiche durevoli, al confine con lo Zimbabwe si sviluppò fin dalla metà del XV secolo il regno del Monomotapa, al quale erano legati da vincoli di alleanza i piccoli regni creati dalle popolazioni shona nel sud del paese. Dopo che Vasco de Gama nel 1498 giunse sulle coste del Mozambico, i portoghesi presero possesso dei principali porti, soprattutto quello di Sofala, e si sostituirono in parte agli arabi nel monopolio del commercio, instaurando buone relazioni col regno del Monomotapa, che nel XVII secolo si pose sotto la loro tutela. La zona portoghese – dapprima retta da una sorta di governatore, il capitano di Mozambico, che dipendeva dal viceré delle Indie – nel 1752 fu trasformata in colonia autonoma, senza però che intervenisse alcun cambiamento nel sistema di sfruttamento del paese, imperniato sulle figure di grandi latifondisti europei dotati di larghissimi privilegi e veri detentori del potere. Alla fine del XVII secolo gran parte del regno del Monomotapa fu conquistato dai changamire, che espulsero i portoghesi dal loro territorio, ma che vennero a loro volta cacciati verso il 1830 dall’invasione del popolo degli ngoni. Nella seconda metà del XIX secolo, a seguito delle esplorazioni condotte da Alexandre Alberto Serpa Pinto fra il 1878 e il 1879, i portoghesi ripresero l’iniziativa dell’espansione territoriale e tentarono invano, per l’ostilità britannica, di unire il Mozambico all’Angola e di creare così un unico impero nell’Africa meridionale. Gli accordi fra il 1886 e il 1893 con i tedeschi e con gli inglesi delimitarono quindi le rispettive aree di influenza. Nel 1919 il Portogallo unì al Mozambico il triangolo di Kionga, prima integrato nell’Africa orientale tedesca. Dopo la seconda guerra mondiale, nel 1951, il paese divenne provincia portoghese d’oltremare e poté emanciparsi dalla condizione coloniale soltanto il 25 giugno 1975, dopo la caduta del regime di Salazar a Lisbona. Fermenti nazionalisti si erano già manifestati a partire dagli anni Sessanta e si erano espressi principalmente attraverso il Fronte di liberazione del Mozambico (FRELIMO), costituitosi nel 1962 e appoggiato anche da paesi africani limitrofi quali la Tanzania e lo Zambia: la dura reazione portoghese e i contrasti fra gli stessi nazionalisti ritardarono tuttavia la realizzazione dell’indipendenza. All’interno del FRELIMO, che fu dapprima diretto da Eduardo Mondlane, i contrasti portarono nel 1969 all’uccisione dello stesso Mondlane e al prevalere della linea intransigente marxista, propugnata da Samora Machel, divenuto dopo l’indipendenza il primo presidente della repubblica popolare del Mozambico. Gravissima fu la situazione in cui venne a trovarsi il paese dopo il conseguimento dell’indipendenza: all’interno la crisi economica disastrosa ereditata dal passato coloniale e aggravata dalla partenza dei tecnici europei, le resistenze a una politica collettivistica di impronta marxista e i contrasti etnici alimentarono una rivolta armata sempre più diffusa che si espresse soprattutto nella Resistenza nazionale armata mozambicana (RENAMO). In politica estera il Mozambico, alleato dei paesi del blocco socialista, si trovò di fronte al problema dei rapporti con i due stati confinanti governati dalla minoranza bianca: il Sudafrica e la Rhodesia del Sud (l’attuale Zimbabwe). Nei confronti di quest’ultima vennero applicate le sanzioni decretate dall’ONU, ma i rapporti si normalizzarono dopo l’abolizione dell’apartheid; con il governo di Pretoria le tensioni furono aggravate dal sostegno del Sudafrica ai guerriglieri della RENAMO. Nel 1984 fu firmato un patto di non aggressione fra i due paesi, ma nel 1986 l’offensiva dei ribelli nel nord e la morte sul confine sudafricano del presidente Samora Machel acuirono nuovamente le tensioni fra i due stati. Fu allora eletto presidente Joaquim Chissano, mentre nel corso del 1988 la RENAMO acquisì progressivamente il controllo di vaste zone del paese: la morte del suo leader Evo Fernandes nell’aprile 1988 aprì una fase di lotte all’interno della RENAMO, che si conclusero con l’affermazione di Alfonso Dhlakama. Il presidente Chissano avviò un processo di occidentalizzazione di cui fu un segno, nel luglio 1989, l’abbandono da parte del FRELIMO del marxismo-leninismo e la decisione di aprire il paese all’economia di mercato. Nel corso del 1990 si ebbe una svolta nel conflitto fra la RENAMO e il governo, che condusse a una serie di colloqui, favoriti dalla reintroduzione del multipartitismo (gennaio 1991) e dal ritiro delle truppe antiguerriglia dello Zimbabwe (presenti dal 1986), sino alla firma degli accordi di pace del 4 ottobre 1992. Per verificarne il rispetto, l’ONU inviò personale militare e civile. Le elezioni del 1994, le prime multipartitiche, videro la vittoria di Chissano e del FRELIMO. Chissano fu rieletto nel 1999. Nel 2005, la presidenza dello stato passò ad Armando Guebuza, candidato del FRELIMO, che fu riconfermato anche nelle successive elezioni del 2009.