More, Thomas

(Londra 1478, † ivi 1535). Filosofo e uomo politico inglese. Umanista, letterato e traduttore dei classici, amico di Erasmo da Rotterdam, compì studi di diritto e avviò nel 1503 una brillante carriera politica come membro della Camera dei Comuni. Vicino a Enrico VIII, fu nominato prima vicesceriffo di Londra, poi cancelliere dello Scacchiere, speaker della Camera dei Comuni e, nel 1529, cancelliere del regno. Fermo oppositore dello scisma anglicano, fu costretto a dimettersi nel 1532 e, dopo il rifiuto di riconoscere l’Atto di supremazia del 1534, fu condannato al patibolo. Per il suo martirio fu proclamato santo nel 1935. La fama di More è legata all’opera in due libri da lui pubblicata nel 1516, l’Utopia, che diede nome a un importante filone di pensiero politico e all’omonimo genere letterario. Attraverso la descrizione dell’isola di Utopia – modello di “ottimo stato” inesistente nella realtà storica e riecheggiante suggestioni platoniche di tipo comunistico – More sviluppò al tempo stesso una critica radicale della società inglese coeva e un progetto utopico di una vita sociale e individuale conforme a ragione, alternativo ai sistemi politici realmente esistenti. Nel primo libro vengono descritte le condizioni drammatiche della società inglese contemporanea, tra feudalesimo e modernità: una società sconvolta da ininterrotte guerre civili, dal dominio della forza bruta, del brigantaggio, del disordine morale e materiale e dalla violenza che accompagna il primo emergere del capitalismo manifatturiero. A tale situazione, nel secondo libro, viene contrapposto un modello di società armonica (anche se chiusa in se stessa), giusta e piacevole, dove ogni cosa è in funzione dell’uomo, della sua vita collettiva, della sua edificazione materiale e morale e predisposta per onorare la divinità attraverso una forma tollerante, erasmiana, di spiritualità. Un paese privo dei mali che affliggevano le nazioni conosciute; una società comunitaria, sostanzialmente agricola, dove non esiste la proprietà privata dei beni e il lavoro è finalizzato all’utilità sociale e perde quindi il suo carattere oppressivo. Una società, infine, in cui anche l’ordine familiare, il ruolo della donna, la vita artistica si fondano su un’etica del gusto dai tratti singolarmente moderni per l’orientamento edonistico, pur senza concessioni a forme di materialismo triviale.