Mongolia

Stato attuale dell’Asia centrale. Popolazioni nomadi di cacciatori e allevatori si insediarono nelle steppe mongole già in epoca neolitica. Nel III secolo a.C. in queste aree si affermò la potenza delle tribù xiongnu (più tardi note in Europa con il nome di unni), che minacciarono l’impero cinese prima di volgersi a occidente. Nei primi secoli della nostra era nelle steppe dell’Asia centrale erano preminenti genti di ceppo turco e uighur. All’inizio del XIII secolo le tribù mongole vennero unificate da Gengis Khan che, forte della particolare struttura militare-feudale delle sue genti, conquistò l’Asia centrale costruendo un vasto impero. Alla morte del suo fondatore, lo stato gengiskhanide venne diviso tra i figli: i suoi successori Ogodai (1229-41) e Qubilay (1259-94) promossero la conquista di nuove terre, oltre i limiti geografici delle steppe asiatiche, occupando nel 1279 la Cina che fu dominata per quasi un secolo dalla dinastia mongola Yuan. L’espansione verso l’Europa raggiunse il suo apice nel 1241, quando le truppe di Ogodai giunsero in Ungheria e in Moravia, minacciarono Vienna, penetrarono in Friuli e in Dalmazia. L’avanzata mongola in Europa venne fermata però dalla morte di Ogodai e, nel contesto della diffusione dell’islam nelle regioni occidentali dei domini mongoli, si consolidarono nel XIV secolo l’Orda d’Oro, tra l’Aral e il Caspio fino all’Ungheria e il Mar Nero, e il regno Ilkhanide in Persia, mentre in Asia centrale il crollo del khanato portò all’ascesa di un nuovo capo militare, Tamerlano (1336-1405). Con il crescente condizionamento mongolo delle regioni mediorientali islamiche, in Europa si favorirono le iniziative diplomatiche che portarono Giovanni da Pian del Carpine e Guglielmo di Rubruck alla corte dei khan. Negli stessi anni, per la pax mongolica che permise la riapertura delle vie carovaniere dell’Asia centrale, iniziarono i viaggi commerciali dei Polo. Dopo la perdita della Cina nel 1368 e le grandi imprese di Tamerlano terminò la fase delle conquiste mongole e le tribù nomadi, ormai influenzate culturalmente dal buddhismo lamaista, vennero confinate nelle originarie steppe centro-asiatiche dove, all’inizio del XVII secolo, furono sottomesse dall’emergente potenza mancese destinata a conquistare nel 1644 anche la Cina e a dominarla con la dinastia Qing. A partire dal XVIII secolo, con la penetrazione russa in Siberia e nell’Asia centrale, la Mongolia entrò nella sfera degli interessi zaristi e nel 1912, dopo la caduta della dinastia Qing e l’inizio del declino cinese nell’area, diventò protettorato di Mosca. Nei primi anni del XX secolo, la regione delle steppe iniziò a far parte anche degli interessi del Giappone. Dopo la rivoluzione bolscevica del 1917, in un primo tempo si ridusse l’influenza di Mosca nell’area estremo-orientale. Nel 1920 unità sbandate di russi bianchi, guidate dal barone von Ungern-Sternberg, cercarono di controllare la Mongolia estromettendo i cinesi e i comunisti. Nel 1921, tuttavia, il nazionalista Suke Bator ripristinò un governo mongolo filosovietico e nel 1924 venne costituita la repubblica popolare mongola, il secondo paese socialista al mondo, che si associò strettamente all’URSS promuovendo riforme economiche all’insegna del collettivismo di tipo sovietico. L’alleanza con l’URSS caratterizzò la politica dei comunisti mongoli, fedeli a Mosca nel dissidio cino-sovietico dei primi anni Sessanta, fino all’inizio degli anni Novanta, quando venne avviato un processo riformatore destinato a portare al ritiro delle truppe sovietiche, a mettere fine all’economia collettivistica e a permettere la trasformazione del sistema politico in senso democratico. Le elezioni generali del 1992 sancirono comunque la vittoria del vecchio Partito rivoluzionario del popolo, l’ex partito comunista, che aveva saputo avviare un processo di graduale riforma del sistema socialista. Sul piano internazionale, con la riduzione dell’influenza russa successiva allo scioglimento dell’URSS (1991), la Mongolia entrò a far parte della sfera d’interesse cinese. Il Partito rivoluzionario del popolo mongolo (PRPM), ex comunista, rimase comunque al potere, alternandosi per brevi parentesi con il Partito democratico.
RRisultato vincitore nelle elezioni parlamentari del 2008, due anni dopo l’ex partito comunista, guidato fino al 2009 da Sanjaagiin Bayar e poi da Suhbaataryn Batbold, cambiò nome, trasformandosi in Partito del popolo mongolo. Nel giugno 2009 fu eletto per la prima volta alla presidenza dello Stato un esponente del partito democratico, Tsakhiagiin Elbegdorj
I cambiamenti avviati in ambito politico ed economico causarono nel corso dei primi anni Duemila periodici disordini sociali.